“Napoli velata”, il noir di Ozpetek tra segreti e misteri della città partenopea
Che cos’è un simbolo? Un segno che lega questo mondo a un altro, all’aldilà, alla dimensione del mistero, a quella metafisica o a quella del passato. Anche il numero è un simbolo, oltre le nude cifre, capace di evocare significati nascosti. Il simbolo di Adriana – la protagonista del nuovo film di Ferzan Ozpetek incarnata da Vittoria Mezzogiorno, è un occhio portafortuna, un occhio che è segno di conoscenza, di uno sguardo che sa guardare oltre la realtà e allo stesso tempo aiuta l’introspezione interiore.
Napoli velata (nelle sale dal 28 dicembre) , è la storia di una donna e di un incontro d’amore traumatico che rivoluziona la sua vita, ambientata a Napoli città che come Istanbul – dove è stato girato il precedente film del regista, Rosso Istanbul appunto – è legata al cuore della cultura mediterranea, alla sua magia e alle sue voci profonde. E non a caso Ozpetek non trascura le tracce della Napoli esoterica e dionisiaca, dalla cappella di Sansevero che custodisce il famoso Cristo velato di Giuseppe Sanmartino alla Farmacia degli Incurabili, dove troneggia la scultura di un utero femminile cucito, che racchiude un’energia vitale in qualche modo prigioniera e occultata.
Molte scene sono inoltre girate in un’antica dimora partenopea che già era stata trasformata in set cimnematografico per L’oro di Napoli di Vittorio De Sica e Viaggio in Italia di Roberto Rossellini. Location perfette per un noir psicologico, in cui lo spettatore non sa decidere fino alla fine se si trova alle prese con persone reali o con fantasmi. L’occhio vede ma non riesce del tutto a penetrare il velo, perché la verità non si può conoscere senza dolore. E’ la scena iniziale del film a rivelare il messaggio, con il rito arcaico della ‘figliata’, il parto di un femminiello, che gli spettatori possono solo intravedere perché a un certo punto viene steso un telo a celare agli sguardi indiscreti la scena.
“Questo inno all’ambiguità – spiega lo stesso Ozpetek- mi sembrava una sintesi perfetta di una città in cui convivono, quasi in un perfetto amalgama, religione e scienza, paganesimo e cristianesimo, superstizione e razionalità”. Napoli, la città che non rivela mai se stessa, è sicuramente la protagonista principale del film, vista però dall’insolita angolazione di Ozpetek, nel suo oscillare continuamente tra vita e morte, richiamata dai dettagli barocchi, decadenti, oscuri su cui la telecamere indugia spesso e volentieri.
Napoli abbraccia e circonda la solitudine e la sofferenza di Adriana- Vittoria Mezzogiorno cui si affiancano Alessandro Borghi (un po’ troppo statuario), Anna Bonaiuto, il bravo Peppe Barra, Biagio Forestieri, Luisa Ranieri, Maria Pia Calzone, Lina Sastri e Isabella Ferrari. Un cast che, prima ancora che adattarsi alla sceneggiatura, deve dialogare con l’essenza della città, la Napoli che Ozpetek vuole celebrare perché “è la quarta città dopo Istanbul, Roma e Lecce in cui mi ero sentito subito come a casa”.