Così la mafia si infiltra nella Massoneria. E inquina lo Stato
«Troppo spesso all’interno della Massoneria si annidano zone grigie. Il lavoro della Commissione Antimafia è stato proprio quello di individuare queste zone grigie sia ascoltando in audizione 4 Grandi Maestri – 4 audizioni sono state centrate proprio su questo tema – sia dialogando con le Prefetture e incrociando i dati degli elenchi». Marcello Tagliatatela, deputato di Fratelli d’Italia e membro dell’organismo d’inchiesta parlamentare sul fenomeno mafioso, spiega come si è arrivati, in Commissione, ad una valutazione dei tentativi di infiltrazioni della criminalità organizzata all’interno della Massoneria.
«Un lavoro condiviso», precisa Tagliatatela, che ha consentito alla Commissione Antimafia di svelare quello che viene cristallizzato nella Relazione finale come un persistente «interesse delle associazioni mafiose verso la Massoneria fino a lasciare ritenere a taluno che le due entità siano divenute una cosa sola».
Dei circa 17 mila iscritti alle quattro Obbedienze, la gran parte appartiene al mondo delle professioni (medici, avvocati, ingegneri, commercialisti). C’è una certa presenza delle forze dell’ordine e, fino a diversi anni addietro, di magistrati e politici.
La Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo ha rivelato alla Commissione che 193 persone legate alla Massoneria sono iscritte in procedimenti penali. E non finisce qui perché è stato accertato che un numero consistente di massoni, pur non indagati, imputati o condannati per delitti di natura mafiosa, hanno collegamenti diretti con esponenti delle cosche e possono costituire un anello di collegamento tra mafia e Logge.
«Cosa Nostra siciliana e la ‘ndrangheta calabrese da tempo immemorabile e costantemente fino ai nostri giorni nutrono e coltivano un accentuato interesse nei confronti della massoneria», scrive l’Antimafia nella sua Relazione consegnata al Parlamento mettendo in evidenza che c’è un persistente «interesse delle associazioni mafiose verso la massoneria fino a lasciare ritenere a taluno che le due entità siano divenute una cosa sola. Ciò non significa criminalizzare le obbedienza», spiega l’Antimafia che si chiede se le Logge si siano «dotate di anticorpi».
Ma, da questo punto di vista, alcune evidenze non sono confortanti: «Da parte delle associazioni massoniche si è registrata – rivela la Commissione Antimafia – una sorta di arrendevolezza nei confronti della mafia. Sono i casi, certamente i più ricorrenti, in cui si riscontra una forma di mera tolleranza, che si rivelano i più preoccupanti».
A nulla è servito il sequestro nel tentativo di venire in possesso degli elenchi effettivi degli iscritti «perché presso le sedi ufficiali forse neanche ci sono» e, comunque, «non consentono di conoscere un’alta percentuale di iscritti, occulti grazie a generalità incomplete, inconsistenti o generiche – ammette la Commissione Antimafia che avverte – Il vincolo di solidarietà tra fratelli consente il dialogo tra esponenti mafiosi e chi amministra la giustizia, legittima richieste di intervento per mutare il corso dei processi e impone il silenzio» come emerge «in un caso di estrema gravità».
L’organismo parlamentare di inchiesta punta il dito su un aspetto particolarmente delicato emerso nell’estate dello scorso anno durante una missione effettuata dalla Commissione a Palermo e a Trapani. In quell’occasione è venuta alla luce la “particolarità” della situazione riscontrata a Castelvetrano dove è nato e da cui ha scalato il potere mafioso centrale il più importante boss ancora latitante, Matteo Messina Denaro, e dove attualmente vi sono 200 «fine pena» in libertà, detenuti, in precedenza, per reati di mafia e di traffico di stupefacenti.
Ebbene, la Commissione Antimafia ha scoperto che nel solo Comune di Castelvetrano esistono 6 logge. E considerando che in tutta la Sicilia la massoneria conta su 19 logge, quel numero non può non essere un campanello d’allarme. Ma quando la Commissione ha affondato il coltello nel dato la vicenda ha assunto un aspetto ancora più grottesco: «4 su 5 assessori erano iscritti, nel 2014, alla massoneria così come 7 su 30 consiglieri comunali».
Quello che preoccupa è lo scambio di informazioni (e di favori) che può generarsi nell’ambito di rapporti radicati. Anche perché fra i circa 17 mila iscritti alle quattro obbedienze della Massoneria la gran parte di loro appartiene al mondo dei professionisti, medici, avvocati, ingegneri, commercialisti. E c’è anche una certa presenza delle forze dell’ordine e, fino a diversi anni addietro, di magistrati e politici. Un incrocio di interessi è possibile.
«La massoneria diventa un fatto patologico quando entra in gioco questa segretezza», spiega Marcello Tagliatatela che chiarisce come dovrebbe essere modificato lo status quo: «Oggi per poter ottenere l’elenco degli affiliati è necessario fare ricorso alla magistratura. Bisogna che le Pubbliche amministrazioni siano messe nelle condizioni di poter avere gli elenchi». Di qui l’idea di una riforma della «Spadolini-Anselmi» affinché vi sia una previsione di legge che chiarisca che le associazioni segrete, «anche quando perseguono fini leciti, sono vietate in quanto tali perché pericolose per la realizzazione dei principi di democrazia». La legge Spadolini cambiò l’articolo 18 della precedente normativa consentendo la segretezza purché si perseguissero fini leciti. Ma questo, appunto, ha aperto la strada alla segretezza e all’impermeabilità delle Logge.
La reazione della Massoneria alla Relazione Antimafia non si fa attendere: «Siamo seriamente preoccupati – replica del Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi – In Italia qualcuno vuole riportare indietro le lancette della storia reintroducendo di fatto leggi fasciste e illiberali soprattutto contro i massoni. Come denunciò Antonio Gramsci, può essere l’inizio di un pericoloso ritorno al passato. È in grave pericolo innanzitutto la democrazia e il libero pensiero».