Tragedia di Rigopiano, dalla Procura di Pescara altri 23 avvisi di garanzia

23 Nov 2017 14:45 - di Redazione
Rigopiano

C’è ancora molto da chiarire sulla tragedia dell’Hotel di Rigopiano, sepolto da una valanga di neve il 18 gennaio scorso, quando morirono in seguito al crollo 29 persone. Finora, infatti, l’unica certezza è stata che quella terribile ondata di maltempo che si abbatté sull’Italia infierì in particolar modo sull’albergo di montagna, complici, però, anche numerosi altri fattori e le tante inadempienze. Oggi, l’intera vicenda e i suoi protagonisti – a vario titolo – approdano ad una svolta importante.

Rigopiano, dalla Procura 23 avvisi di garanzia

La Procura della Repubblica di Pescara, infatti, nell’ambito dell’inchiesta che sta portando avanti sulle cause che hanno determinato la tragedia, ha emesso altri 23 avvisi di garanzia che in queste ore sono in corso di notifica ai diretti interessati. Tra i reati ipotizzati dalla Procura guidata dal capo Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia, ci sono quelli di omicidio e lesioni plurime. Fra le persone indagate ci sono anche l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo (da poco trasferito a Roma), il presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, ed il sindaco di Farindola (Pe) Ilario Lacchetta. E poi funzionari, dirigenti pubblici: insomma tutti coloro i quali, in maniera e misure diverse, risultano in qualche modo coinvolti in quella immane tragedia.

Cinque giorni fa il generale suicida

Un aggiornamento giuridico sulla vicenda che arriva a 5 giorni dal suicidio del 58enne generale dei carabinieri forestali in congedo Guido Conti, trovato morto in auto. In una lettera rinvenuta dopo la sua morte e indirizzata “Alla mia famiglia”, il Generale dei carabinieri forestali citava la vicenda di Rigopiano come fonte per lui di grande angoscia. Nella lettera, si leggeva fra l’altro: «Da quando è accaduta la tragedia di Rigopiano la mia vita è cambiata. Quelle vittime mi pesano come un macigno. Perché tra i tanti atti, ci sono anche prescrizioni a mia firma». Nella lettera Conti entrava poi nel merito, specificando: «Non per l’albergo, di cui non so nulla, ma per l’edificazione del centro benessere, dove solo poi appresi non esserci state vittime. Ma ciò non leniva il mio dolore. Pur sapendo e realizzando che il mio scritto era ininfluente ai fini della pratica autorizzativa, mi sono sempre posto la domanda: Potevo fare di più?».

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