Gentiloni bussa alla porta: “Toc toc, esisto anche io, sono calmo ma non mesto”
«Non ho vinto le elezioni e non sono leader di partito». Vero. Di più, le elezioni non si sono proprio celebrate. «Sono realmente calmo, spero di non essere mesto». Verissimo. A parlare così di se stesso è Paolo Gentiloni, mister camomilla, che, intervistato da Bruno Vespa nel suo ultimo libro Soli al comando, si dilunga a descrivere con una sequela di banalità la sua esperienza a Palazzo Chigi e non resiste alla tentazione di autocelebrarsi come il salvatore della patria. «Sono un medico chiamato a operare in una situazione di emergenza», dice il successore, “abusivo” anche lui, di Matteo Renzi che, proprio come l’ex sindaco di Firenze, si sente investito della responsabilità della salvezza nazionale. Mi hanno scelto (non gli italiani, si intende) per rimediare a una situazione di emergenza. Peccato che il malato non si sia ripreso, che la malattia sia progressivamente peggiorata e che molto presto iò medico sarà costretto a fare le valigie.
Gentiloni: firmo ma non conto
Ma mister Camomilla è ancora più esilarante nel proseguire la conversazione con Vespa: «La sensazione che si ha in questo palazzo è che la Costituzione materiale dello Stato abbia creato un sistema in cui il ruolo del presidente del Consiglio è ovviamente indispensabile, ha molta influenza sull’orientamento del governo, adotta decisioni, firma provvedimenti, ma non siamo né a Downing Street, né’ all’Eliseo e nemmeno alla Cancelleria di Berlino». Ma davvero? Da presidente del Consiglio, Gentiloni ha scoperto che in Italia non c’è il presidenzialismo, di più, che c’è una certa anomalia tra la Costituzione del ’48 e la consuetudine, che il sistema italiano è un po’ diverso da quello inglese, francese e tedesco. Altri ne hanno parlato ne scrivono ne discettano da anni, lui lo ha capito solo in queste ore. «Standoci dentro – spiega Gentiloni – mi sento abbastanza adatto a un modo di guidare le cose che rende necessario il gioco di squadra». E che squadra…