Intervista a Elisabetta Armiato: «I miei progetti dopo la danza e Nureyev»

5 Ott 2017 13:29 - di Luca Forlani

Elisabetta Armiato, già Prima Ballerina Étoile del Teatro Alla Scala. Una carriera lunga trentacinque anni che l’ha consacrata icona della danza italiana nel mondo. Un’artista poliedrica e una donna impegnata socialmente.

Partiamo dalla sua carriera di successo da étoile, il ricordo più forte?
Nel 1987 ero una giovanissima ballerina tra le 95 danzatrici del Corpo di Ballo; “Sono le 17.00, ricevo una telefonata dal Direttore Artistico che dice: «Per un’improvvisa indisposizione dell’étoile, lei stasera alle 20.00 ballerà come protagonista di Coppelia la “Prima” alla Scala». In tre ore, come in un sogno, sono corsa in Teatro, mi hanno vestita, truccata e letteralmente catapultata in scena … ero terrorizzata”. Un ricordo incredibile il momento dell’ultima nota, si chiude il sipario, tre secondi di silenzio assoluto … poi un boato di applausi. Il trionfo! I giornali del giorno dopo scrissero: “è nata una stella!”

Ha lavorato con alcuni tra i più grandi coreografi e maestri della danza mondiale e del Teatro del Novecento, chi le ha insegnato di più, artisticamente e umanamente?
Quando hai la fortuna di avvicinare un “grande”, nel talento, nel genio, nella visione artistica, nella professionalità, impari sempre moltissimo. Un arricchimento che non può che cambiare il tuo punto di vista sull’arte e sul tuo modo di viverla. Ho lavorato con geni come Roland Petit, Rudolf Nureyev, Louis Falco, Alvin Ailey, Billy Forsite, Jiri Kylian, Matz Ek, e sono stati per me Maestri di enorme influenza.

Ha lavorato anche con Nureyev che è considerato unanimemente come il migliore ballerino del secolo scorso, cosa le ha insegnato?
La scuola di “Rudy”, come lo chiamavamo in Teatro, era caratterizzata da competenza assoluta, feroce persistenza, e un motto: “ la Perfezione esiste!”. Tutto sta nel possedere la forza e la costanza per perseguirla.

Se dovesse indicare dei nomi di étoile, oggi in attività, degni di nota, chi indicherebbe?
Nell’arte, soprattutto nelle arti sceniche, non vi è mai un “vincitore assoluto”. Ci sono fenomeni di notorietà importante, alcuni internazionale, altri nazionale; credo che ricoprire il ruolo di Étoile (richieda una serie di valori, qualità e caratteristiche professionali, che sono degni del nome che queste stelle della danza rappresentano). Ciò che conta é il pubblico: quello che ama il gesto virtuosistico, chi la plasticità fisica, chi la sensibilità interpretativa. Ognuno veste il suo sogno attraverso l’artista che preferisce.

Ha frequentato l’Accademia del Teatro Alla Scala, che è una scuola nota per rigore e severità, secondo lei sono un metodo necessario d’insegnamento?
Il rigore e la severità, specie se seguita da punizione, sono a mio avviso spesso confusi, nelle scuole e nelle accademie sia nell’educazione che nella formazione.Mentre il primo ci guida all’apprendimento di una disciplina tecnica e ad acquisirne conoscenza e competenza; il secondo ci mortifica, schiaccia e umilia spesso in modo distruttivo. Come per ogni grande disciplina artistica, a chi desideri formare professionisti e talenti di valore, consiglio vivamente un altissimo rigore, e sconsiglio fermamente la severità e la punizione.

Perché nel 2007 ha deciso di lasciare la danza, nonostante fosse all’apice della sua carriera?
Credo che ad una crescita professionale di eccellenza, corrisponda l’accrescimento della propria conoscenza, e con la conoscenza giunge la responsabilità. Osservando una degenerazione culturale, che etichetta arbitrariamente e senza prove scientifiche oggettive, ogni modo di essere di un bambino come “disturbo” o “neurodiversità”, ho voluto dare un messaggio forte, che torni a fornire ai bambini, quegli strumenti culturali fondamentali che ho avuto Io… che abbiamo avuto NOI, quando la moda dei disturbi non esisteva. Strumenti che hanno cresciuto gli uomini di ogni grande civiltà. Oggi sono Presidente di PENSARE oltre Movimento Culturale, perché i bambini di oggi sono gli uomini di domani, il vero futuro che abbiamo.

Perché, secondo lei, sarebbe importante inserire la danza nella scuola?
La danza come tutte le espressioni d’arte è un’educazione ed un’esperienza della bellezza. Il fatto che la danza permetta di incanalare un’infinità inesauribile di energie che i bambini possiedono, costituisce un modo giusto e straordinario di sperimentare il rigore e la disciplina praticando un’arte meravigliosamente affascinante.

Prossimi progetti?
Un evento Culturale Internazionale a Milano il prossimo 20/21 ottobre che sarà presentato in Campidoglio a Roma. Sarà anche l’occasione per mostrare al pubblico italiano l’opera fotografica “ Alphabet” realizzata dall’icona mondiale della fotografia Douglas Kirkland, che ha ritratto con genialità la “Poesia Fisica” di Erika Lemay, star internazionale e Ambasciatrice di PENSARE oltre per le Arti. Un’opera che sublima e sintetizza il messaggio di PENSARE oltre, l’arte come strumento culturale a partire dall’insegnamento delle lettere e dei numeri per imparare a leggere, scrivere e far di conto.

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