Expo, tre Procure indagano sugli appalti assegnati dai magistrati milanesi
L’Anac di Raffaele Cantone ha trasmesso alle Procure di Milano, Brescia e Venezia – che hanno già aperto fascicoli d’indagine – la delibera di chiusura dell’istruttoria su presunte irregolarità nella gestione degli appalti finanziati con fondi governativi per Expo e messi a disposizione dal Comune di Milano, tra il 2010 e il 2015, per informatizzare l’attività degli uffici giudiziari milanesi. In particolare al centro dell’indagine dell’Autorità Anticorruzione, che ora ha generato le tre inchieste di altrettante Procure, ci sono pesanti sospetti nella gestione di gran parte delle 25 procedure analizzate del valore di circa 9 milioni.
Cantone ha trasmesso delibera di chiusura dell’istruttoria anche alla Procura della Corte dei Conti lombarda «per gli eventuali profili di competenza» che potrebbero comportare richieste di risarcimento danni per quanti, a vario titolo, si sono occupati degli appalti con i fondi Expo all’interno degli uffici giudiziari milanesi.
Secondo l’Anac, si sono verificate una serie di violazioni del codice degli appalti perché il Comune di Milano, guidato all’epoca da Giuliana Pisapia, oggi leader di Campo Progressista, «ha effettuato un improprio ricorso alle procedure negoziate senza previa pubblicazione del bando di gara».
In pratica, ci sarebbero stati affidamenti diretti dei lavori, senza rispettare i «principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza nonché libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità».
In relazione a diversi dei lavori assegnati, l’Anac fa presente «che non è stata effettuata l’indagine di mercato volta ad individuare la presenza di eventuali fornitori alternativi, con conseguente sottrazione all’evidenza pubblica di una fornitura di importo rilevante, ampiamente sopra soglia comunitaria». La stessa Procura milanese a giugno aveva aperto un’inchiesta a carico di ignoti per turbativa d’asta dopo che l’Autorità nazionale anticorruzione le aveva inviato una relazione della Guardia di finanza su eventuali irregolarità relative a una ventina delle 72 procedure in totale, per un importo complessivo di 16 milioni di euro.
Nelle scorse settimane, invece, si sono mosse in autonomia anche le Procure di Brescia e Venezia che hanno chiesto all’Anac gli atti sui fondi Expo utilizzati dai magistrati milanesi. La prima in quanto competente su eventuali reati commessi da toghe milanesi nella gestione degli appalti nei quali hanno avuto un ruolo l’Ufficio innovazione del Tribunale e quello della Corte d’Appello, il primo diretto dall’allora presidente dei gip milanesi Claudio Castelli, ora in servizio a Brescia. Per questo, non potendo la Procura di Brescia indagare sui propri magistrati, per competenza territoriale è stata avviata un’indagine anche dai pm veneziani, competenti su eventuali reati commessi da toghe bresciane.
Gli accertamenti dell’Anac erano scattati a febbraio dopo segnalazioni della Procura generale a seguito di un’inchiesta giornalistica del blog “Giustiziami” e dei quotidiani “Il Giornale” e “Il Fatto Quotidiano” proprio sui fondi Expo che il Comune di Milano guidato da Pisapia aveva assegnato agli uffici giudiziari di Milano.