«Io, medico scappo in Germania. In Italia è tutta mafia»: dottori in fuga
Purtroppo una triste storia che dura da tempo e che è destinata a proseguire finché l’agenda del nostro governo sarà impantanata in questioni secondarie, per usare un eufemismo. Preferiscono fare i pizzaioli o i gelatai a mezzo servizio in Germania pur di poter un giorno lavorare come medici nel Paese della Merkel. Il sogno per cui hanno studiato tanto e che in Italia sembra sempre più lontano. Metà giornata dedicata allo studio della lingua e l’altra dietro un banco a servire i clienti e a praticare il nuovo idioma. Negli ultimi anni c’è stato un ‘boom’ di giovani laureati in Medicina, ma anche infermieri, che hanno scelto la terra tedesca per specializzarsi, lavorare e mettere su famiglia. Secondo l’Istat, i professionisti del settore sanitario che hanno chiesto al ministero della Salute la documentazione utile per esercitare all’estero sono passati da 396 nel 2009 a 2.363 nel 2014 (+ 596%).
L’esodo
Con la Brexit, è oggi la Germania ad attrarre questi ragazzi. Complice anche un sistema italiano della formazione che fa acqua da tutte le parti. Basti pensare che il bando per il concorso per le scuole di specializzazione è uscito con grande ritardo solo pochi giorni fa e la prova si farà il 28 novembre. Da mesi in attesa ci sono circa 15mila candidati. E alla fine solo uno su tre entrerà. Pochi posti per specializzarsi e pochissimi contratti di lavoro stabile nel Sistema sanitario nazionale. «Ogni giorno ci arrivano 4-5 richieste – afferma all’Adnkronos Davide Civita (28 anni), presidente del gruppo Facebook ‘Medici italiani in Germania’ (3400 membri) e specializzando in Cardiologia in Germania – Stimiamo in circa 6mila unità, tra medici, infermieri e studenti, le persone che cercano fortuna qui. In Italia ho lavorato, senza stipendio, a Milano all’ospedale S.Raffaele come medico volontario in cardiologia. La beffa – osserva Civita – è che continuo a pagare i contributi previdenziali in Italia: 1.800 euro l’anno. La mia posizione non la posso chiudere altrimenti perdo tutto. Una vera e propria ‘mafia’. Scrivilo pure – chiosa – perché io in questi anni per pagarmi la scuola di tedesco ho fatto il gelataio, la mattina i corsi e il pomeriggio nel negozio per 8-10 euro l’ora come vengono pagati gli immigrati appena arrivati».
Ad insegnare il tedesco a chi arriva nella terra del premio Nobel per la Medicina Rober Koch, ci pensa un quarantenne italiano: Paolo Andreocci, Dopo un dottorato ha avuto la lungimiranza di fondare a Friburgo l’Internationales Sprachzentrum Dialogo (Isd). E di connazionali ‘dottorini’ in fuga Andreocci ne ha conosciuti molti. “Nella nostra scuola organizziamo dal 2009 corsi per l’apprendimento e il perfezionamento del tedesco medico finalizzati all’approvazione del titolo di studio – spiega Andreocci, direttore dell’Isd di Friburgo – Negli ultimi anni abbiamo registrato un forte incremento di richieste e di partecipanti. E ora, grazie ai nuovi corsi organizzati dall‘ISD per conto del Ministero, c’è un ‘boom’ di domande ogni giorno. Proprio lunedì (25 settembre n.dr.) è partita la didattica per l’anno 2017-2018 “.
“Ho scelto la Germania perché in Italia ci sono poche possibilità. A luglio ho preso l’abilitazione e il mio sogno era fare la specializzazione in Neurologia – racconta Alessandro C. (26 anni). Ma le date del concorso per le Scuole di specializzaizone tardavano e non potevo aspettare. In Germania si riesce a lavorare con serietà e continuità. Io non sono riuscito a fare l’Esasmus ma ho fatto la tesi a Berlino e ora ho un livello di tedesco C1. Sono ormai 3-4 anni che studio questa lingua e ho svolto alcuni tirocini come medico di base ad Hannover. Qui si lavora di più che in Italia e tutto è organizzato molto meglio. Ora sono a Friburgo per frequentare il corso di tedesco medico-scientifico, una volta finito non credo di trovare grosse difficoltà per un posto in ospedale. Qui c’è molta richiesta. A casa che dicono? Mi mamma – risponde Alessandro – avrebbe preferito avermi vicino casa a Padova, ma entrambi i miei genitori hanno capito la situazione. Sì, sono contento di essere venuto a fare il medico in Germania”.
Come funzionano i corsi e come può un laureato in Medicina in Italia farsi riconoscere la laurea e lavorare in Germania? “Vista la carenza di dottori del sistema sanitario tedesco, il governo da febbraio 2017 ha deciso di aprire un bando per l’accredito di scuole di lingua specializzate in corsi di tedesco medico-scientifico per stranieri – spiega Andreocci – Noi abbiamo partecipato e vinto perché avevamo tutti i requisiti, ad oggi in Germania non ci sono molte strutture che possono dare questo servizio. La scelta del Governo permette di promuovere corsi gratuiti (durata 400-600 unità didattiche, valore cicrca 2.500 euro) per medici e infermieri di altri Paesi che conoscono l’idioma ma devono perfezionarlo. La frequenza – prosegue il direttore della Scuola – non è obbligatoria ma è chiaro che aiuta per la preparazione all’esame di lingua C1-Medico. Questo certificato è necessario per il passo successivo: ottenere il riconoscimento della laurea italiana da parte di un ufficio preposto. L‘esame consiste in una prova scritta e orale, una anamnesi del paziente, la presentazione del caso clinico davanti ai colleghi e la redazione di una lettera di dimissioni”.
I corsi dell’Internationales Sprachzentrum Dialogo sono tenuti da docenti accreditati dal ministero e certificati da continui aggiornamenti. “Noi invitiamo anche degli ospiti – racconta Andreocci – medici tedeschi che raccontano la loro prospettiva, come vedono i colleghi stranieri. Non ci sono solo italiani, ma chi frequenta la nostra scuola arriva da tutto il mondo. I non europei specialmente da Asia e Sudamerica. Questi devono fare anche un esame ulteriore di conoscenze mediche. Questo, come dicevamo, perché il ministero tedesco si fida di più degli atenei italiani (europei). Il 75% di chi ha frequentato il nostro istituto ha trovato lavoro abbastanza presto, indipendentemente dal campo di specializzazione. Poi c’è un 25% che ha trovato difficoltà con la lingua o con la vita in Germania”.
Guadagni doppi rispetto all’Italia
Il giovane medico che entra nel mondo professionale tedesco è considerato da subito “medico a tutti gli effetti – riporta un documento del Segretariato italiano giovani medici (Sigm) – e quindi responsabilizzato, pur all’interno di una organizzazione gerarchica, che in Germania, a differenza che in Italia, esiste ancora e che distingue tra ‘Assistenzarzt’ (medico assistente) ‘Oberarzt’ (medico capo reparto) e ‘Chefarzt’ (primario). Ma è tutto oro quello che luccicca? ”Qui in Germania la situazione dei piccoli ospedali non è buona, spesso le strutture si riuniscono in gruppi e non è raro per i medici ritrovarsi in cassa integrazione – avverte Davide Civita – Il lato positivo? sono le retribuzione, qui i medici arrivano a prendere il doppio rispetto all’Italia. Ma si lavora anche di più e con molte più responsabilità anche se sei uno specializzando. Si eseguono molte più operazioni, spesso lavoro anche in medicina d’urgenza e la notte sono solo’Le difficoltà? ‘Il fatto che in Germania gli ospeldai posso fallire – ricorda il medico – quindi si deve sempre avere un piano B. Fare colloqui e essere sempre pronto a nuove esperienze. Poi la burocrazia, per qualsiasi cosa si devono presentare molte carte; le tasse molto alte e un poi il clima, a volte può essere davvero ostico“.
La manifestazione
Ad inizio settembre la Sigm ha promosso una manifestazione a piazza Montecitorio per #GioveniMediciDay . Proteste e appelli per risolvere le problematiche di un percorso post laurea assai tortuoso e che condiziona l’ascesa professionale di tanti ragazzi. La Conferenza delle Regioni, come ha spiegato in una recentissima seduta Antonio Saitta, coordinatore della Commissione Salute della Conferenza, ha preso in carico il problema. ”Dobbiamo lavorare con il governo per prevedere l’accesso dei medici al Servizio sanitario nazionale anche subito dopo la laurea e l’abilitazione, quindi anche senza specializzazione. A tal riguardo peraltro è in discussione in Parlamento un disegno di legge delega che definisce alcuni precisi indirizzi su cui varrebbe la pena – ha concluso Saitta – riprendere il confronto magari in un organismo paritetico di indirizzo e coordinamento che coinvolga i diversi attori istituzionali interessati (Regioni, Ministero della salute e Miur)”. Il tempo corre e i camici bianchi con le valigie pronte aumentato di giorno in giorno.