Uova contaminate, occhio al guscio: ecco come scoprire quelle a rischio
257 a testa, 36,5 milioni consumate in totale ogni anno fra fresche o contenute in dolci e cibi preparati. Le uova, protagoniste delle tavole italiane, sono oggi nell’occhio del ciclone in tutta Europa per l’allarme contaminazione da Fipronil, un insetticida ad ampio spettro. A far esplodere il caso, l’esportazione di migliaia di uova tossiche da Olanda e Belgio, ora impegnate in un reciproco scambio di accuse. Coinvolti nell’esportazione ben 15 Paesi, tra cui l’Italia. Ma quanto è reale il pericolo? In generale, nel Belpaese i controlli sono serratissimi grazie al lavoro dei Nuclei Antifrodi dei Carabinieri: basti pensare ad esempio che solo nel 2017 hanno sequestrato 2,5 milioni di uova non sicure, cioè prive di tracciabilità o con un’origine italiana falsa. Ma volendo aggiungere qualche cautela in più, è bene imparare a leggere la “carta d’identità” delle uova di tipo A (quelle fresche) obbligatoria ai sensi del Regolamento CE 2295 del 2003 e non a discrezione del produttore. Si tratta del codice che ogni singolo uovo riporta stampato sul guscio: attraverso di esso è possibile sia raccogliere tutte le informazioni necessarie sul prodotto e sia, soprattutto, rintracciarne la provenienza. A spiegare nel dettaglio significato e lettura di ogni carattere è il Codacons Piemonte.
“Le prime cifre indicate nell’etichettatura del guscio – spiegano -, risultano le più importanti e facilmente comprensibili al consumatore. Esse indicano il tipo di allevamento da cui provengono le uova e il Paese di origine. Le cifre successive indicano la provincia e il comune di allevamento e l’allevamento specifico da cui proviene”.
Come mostrato dalla grafica, la prima cifra indicata (che va da 0 a 3) indica la tipologia di allevamento (0 agricoltura biologica, 1 uova da allevamento all’aperto, 2 allevamento a terra, 3 allevamento in gabbia). Le successive lettere sono invece l’identificativo dello Stato di produzione (IT nel caso dell’Italia). Le cifre seguenti indicano invece il codice Istat del comune di produzione. Le lettere che seguono sono invece identificative della provincia di produzione. Le ultime cifre indicano invece nome e luogo dell’allevamento in cui la gallina ha deposto l’uovo. Nel rigo successivo è invece presente la data di scadenza del prodotto oppure la data di deposizione. La normativa, spiega il Codacons, è valida solo per la Comunità Europea: se la provenienza delle uova è di Paesi terzi, la dicitura sugli imballaggi sarà invece “sistema di allevamento indeterminato”. “Questo – assicurano – non deve preoccupare il consumatore italiano, poiché le uova consumate direttamente (uova fresche), di norma sono prodotte in Italia. L’Italia è un Paese esportatore di uova, quindi le uova comprate in Italia, salvo possibili rarissime eccezioni sono prodotte nel nostro Paese“. “Ovviamente il consumatore – ricorda ancora il Codacons Piemonte -, a parte il codice sul guscio dell’uovo, avrà sempre a disposizioni le informazioni che obbligatoriamente per legge devono essere sempre ben visibili sulle confezioni delle uova, come per esempio la categoria delle uova (A), il sistema di allevamento, la data di consumo preferibile, il numero di uova confezionate, il peso, il nome e la ragione sociale dell’azienda produttrice, le modalità di conservazione e il sistema di allevamento delle uova”.