Ora il Vaticano riconosce il ruolo di Putin per risolvere le crisi mondiali
Il Vaticano comincia a capire l’importanza della Russia nel mondo. “L’iniziativa che mi sembra più pertinente allo scopo è quella di creare in tutti i modi nelle popolazioni questa idea che non abbiamo più ragione di temerci l’un l’altro”. Lo sottolinea monsignor Celestino Migliore, nunzio a Mosca, alla vigilia della missione del segretario di Stato vaticano, cardinal Pietro Parolin a Mosca. “Ovviamente, – non nasconde il nunzio in un’intervista a Radio Vaticana – c’è tutto un passato che pesa, ma c’è anche l’urgenza del presente, del futuro che ci chiama ad andare avanti e a mettere alle spalle queste recriminazioni del passato”. Migliore spiega il senso della missione di Parolin: “Il cardinale viene a Mosca facendosi interprete della sollecitudine di Papa Francesco per le varie crisi mondiali in atto. La Santa Sede segue con attenzione e preoccupazione tutte queste situazioni e desidera portare il proprio contributo per una specifica risoluzione, appellandosi anche alla buona volontà, alle possibilità e all’intesa dei maggiori attori sulla scena internazionale”. Quanto al ruolo di un segretario di Stato vaticano a colloquio con le autorità russe, Migliore sottolinea: “È proprio il ruolo della Santa Sede che mantiene le porte aperte all’incontro, al dialogo e al confronto con ogni Paese, cultura e religione e, allo stesso tempo, incoraggia a mettere da parte i diaframmi ideologici che spesso travisano la realtà”. E sulle aspettative di questa missione, il presule dice: “Dopo l’incontro dello scorso anno all’Avana tra il Papa e il Patriarca, la posizione di segretario di Stato conferisce a questa visita di Parolin un’importanza di particolare rilievo; come già si può rilevare da alcune interviste uscite in questi giorni, questa visita è molto attesa sia da parte cattolica che da parte ortodossa”. L’auspicio del nunzio apostolico a Mosca: “Mi auguro che questa visita accresca quella conoscenza e stima reciproca tra le due comunità cristiane proprio perché ciò che posso rilevare nella mia esperienza è che si possono, si devono fare e si stanno facendo a livello culturale, religioso, sociale, umanitario, iniziative comuni che aiutano questo avvicinamento”.