Turchia, prosegue il giro di vite di Erdogan: in forse anche il Gran Muftì
La massima autorità religiosa turca, il responsabile della Direzione degli affari religiosi (Diyanet) Mehmet Gormez, avrebbe manifestato l’intenzione di lasciare l’incarico. Lo scrive il portale del giornale turco Hurriyet, dopo l’incontro di due giorni fa tra il Gran Mufti Gormez e il leader turco Recep Tayyip Erdogan da cui sono scaturite voci sulle possibili dimissioni di Gormez. Secondo il giornale, il responsabile della Diyanet, un organismo governativo, non avrebbe smentito le indiscrezioni. “Gormez ha una richiesta, un desiderio di continuare con un incarico differente in futuro”, ha detto Erdogan citato da Hurriyet. Intanto proseguono le polemiche con Amnesty: “Apprezziamo il fatto che il ministro degli Esteri” di Ankara “abbia riconosciuto che Amnesty International è considerata una organizzazione globale credibile. Ma affermare che noi saremo in grado di svolgere le nostre attività liberamente, quando la direttrice e il presidente di Amnesty International Turchia sono dietro le sbarre insieme ad altri sette difensori dei diritti umani, è decisamente ardito”. Replica così John Dalhuisen, direttore di Amnesty International per l’Europa, alle affermazioni fatte ieri dal ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. “L’assurda procedura giudiziaria contro la nostra direttrice Idil Eser non deriva da alcun’azione delittuosa, ma si basa interamente sul legittimo operato di Amnesty International. Se questo viene criminalizzato, è difficile immaginare come non solo questa organizzazione ma il più ampio movimento per i diritti umani della Turchia possa continuare a esistere – afferma – Allo stesso modo, l’infondata accusa che ha portato in carcere il nostro presidente Taner Kiliç, ossia che abbia scaricato e usato l’applicazione Bylock, è falsa e lo dimostreremo. Il vitale lavoro svolto da Amnesty International non può essere separato dalle persone che lo portano avanti ma anzi è indivisibile. Lotteremo per il loro rilascio”. Anche rappresentanti di Germania e Svezia hanno espresso e consegnato una formale protesta diplomatica (démarche) alle autorità di Ankara in merito all’arresto il 5 luglio scorso dell’attivista per i diritti umani tedesco Peter Steudtner e del cittadino svedese Ali Gharavi in Turchia. Stando a quanto reso noto da un portavoce del ministero degli ESteri tedesco, il governo di Berlino si aspetta quanto meno da parte di Ankara che dimostri le accuse di reati di terrorismo rivolte a Steudtner e altri.