Referendum: Renzi ci ha rimesso la poltrona e il Pd 1,5 milioni di euro

8 Lug 2017 17:35 - di Redazione

A Napoli direbbero “cornuto e mazziato“. Condizione che, politicamente parlando, ben si attaglia a Matteo Renzi. Il referendum confermativo del 4 dicembre scorso, infatti, non gli è costato solo la poltrona di presidente del Consiglio, sulla quale ora siede Paolo Gentiloni, ma anche un bel po’ di soldini. Non proprio a lui, s’intende, ma al Pd e quindi, in ultima analisi, a tutti i contribuenti italiani.

Il referendum “visto” dal tesoriere del Pd

Secondo la relazione del tesoriere Daniele Marantelli, il referendum sulle riforme costituzionali, poi bocciate dal 60 per cento dei votanti, sarebbe costato al Pd la cifra di 1 milione 416.384 euro procurando un disavanzo di gestione di 528.362 euro, che ha porta il patrimonio netto dai 4 milioni 175.757 del 31 dicembre del 2015 agli attuali 3 milioni 647.395 euro. Scrive Marantelli nella relazione di gestione al rendiconto che «il referendum sulla riforma della seconda parte della Costituzione è stata l’attività primaria di questo esercizio attraverso campagne d’informazione e propaganda». Ma nonostante gli sforzi compiuti, ammette sconsolato il tesoriere, «il risultato non è stato quello sperato».

Costi più contenuti dalla scissione di Bersani

A differenza di quanto accaduto con il referendum, non appare invece destinata a pesare eccessivamente sulle casse del Pd la scissione che un paio di mesi fa ha portato Pier Luigi Bersani ed altri parlamentari a dare vita ad Articolo 1-Mdp, la neonata formazione che intende contendere a Renzi lo spazio a sinistra. Alla Camera dei deputati, in seguito alla scissione, il numero dei deputati dem è sceso a 283 unità, il che «comporterà una riduzione delle entrate da parte della Camera di circa 630mila euro», che – si legge ancora nella relazione – sarà «in parte riequilibrata dal minor onere del personale per i dipendenti che cesseranno il rapporto di lavoro» con il gruppo Pd. In pratica, il minor numero di deputati è compensato dal minor numero di impiegati. Per questo, assicura Marantelli, la scissione «non ha dato luogo a particolari problemi».

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