G20, Gentiloni si presenta con il piattino in mano: «Non lasciateci soli»
Maggioranza e governo sono letteralmente nel pallone, ma il prossimo campionato di calcio non c’entra niente, C’entrano piuttosto gli sbarchi che non lasciano sosta ai nostri porti presi letteralmente d’assalto dalle ondate migratorie. L’Italia è sola nell’emergenza, e non perché i nostri partner europei siano cattivi ma solo perché i nostri incapaci governanti hanno sottoscritto accordi capestro che ora vogliono cambiare. Ci ha provato in queste ore Gentiloni durante la sessione del G20 di Amburgo sull’Africa e sulle migrazioni.
«L’85% dei migranti non scappa da guerre»
«Siamo tutti consapevoli – ha esordito il premier – della differenza giuridica tra rifugiati e migranti economici. Ma questi sono oltre l’85 pere cento degli arrivi e quindi gestire e contenere i flussi è e sarà sempre più una sfida europea e globale». Sarebbe condivisibile se non fosse che quando era il centrodestra a sostenere che fosse necessario distinguere tra rifugiato politico e migrante economico, il governo faceva orecchie da mercante. Eppure, la differenza è fondamentale: i rifugiati sono oggetto del Trattato di Dublino, sottoscritto dall’Italia nel 2003, governo Berlusconi; i profughi economici sono quelli che con la missione Triton del novembre del 2014, governo Renzi, ci siamo impegnati a far sbarcare nei nostri porti. Oggi Gentiloni ammette che questi ultimi rappresentano l’85 per cento degli arrivi. L’emergenza sono loro, non chi scappa da guerre o da regimi politici sanguinari.
Gentiloni: ripartire dal global compact dell’Onu
In realtà, il premier non sa a quale santo votarsi. Per questo, al G20,dopo aver invocato aiuto («Chi salva vite umane non va lasciato solo»), ha puntato tutte le sue residue speranze di ottenere la modifica degli accordi sul global compact lanciato dall’Onu nel settembre scorso. Gentiloni vi si è aggrappato come un naufrago ad tronco d’albero: «L’Italia – ha detto – rivendica il lavoro fatto in questi anni, ma questo impegno o è sfida globale o alla lunga è difficile da sostenere». Ragion per cui, ha aggiunto che «occorre investire in Africa per lo sviluppo e contro le conseguenze del cambiamento climatico, stabilizzare la Libia, combattere i trafficanti». Tutto giusto. L’unico rischio è che mentre Ue, Onu e sigle varie decidano il da farsi, siano gli italiani a trasformarsi nei nuovi profughi.