Clinton, Bush, Obama e Trump: i presidenti Usa passano, Putin resta
La prima volta, in questo caso attesa e a lungo rimandata, di Donald Trump e Vladimir Putin, si inserisce in una lunga tradizione di colloqui perlustratori in cui i leader di Stati Uniti e Russia (o Unione sovietica) hanno cercato di capire il loro interlocutore, la sua affidabilità, le trappole in vista nella relazione, comunque mai banale. Da quando è arrivato al Cremlino nel 2000, Vladimir Putin ha conosciuto tre diversi presidenti americani, che oggi, con Trump, diventeranno quattro. Bill Clinton, George W. Bush e Barack Obama, che aveva incontrato per la prima volta come premier, nei quattro anni di pausa a cui lo aveva costretto la costituzione di allora, in cui aveva ceduto la leadership a Dmitry Medvedev. La prima volta di Putin e Clinton presidenti – si erano già visti l’anno precedete quando ancora Putin era premier in occasioni multilaterali – è stata a Mosca nel giugno del 2000, meno di un mese dopo l’insediamento formale del presidente russo eletto qualche mese dopo la sua chiamata al Cremlino da Boris Eltsin. Nell’agenda dell’incontro il controllo degli armamenti nucleari, la guerra nei balcani e i conflitti nel Nord del Caucaso.
Già dopo i primi contatti, Bill Clinton aveva descritto Putin come una persona “con enorme potenziale, decisamente brillante e profonda, una persona con cui si possono fare molte cose positive”, pur capendo che “non aveva ancora fatto una scelta, potrebbe diventare sfuggente sulla democrazia”. Pochi giorni prima, Clinton, che con il predecessore di Putin Boris Eltsin aveva sviluppato un ottimo rapporto, aveva detto: Putin ha “un approccio da guerra fredda” nelle relazioni con gli Stati Uniti e “un piede nel vecchio modo di fare accordi e un piede nel nuovo” evidenziando come gli Stati Uniti stessero sviluppando una relazione positiva con il presidente Medvedev e l’incontro con Putin giustificato dal fatto che “ha ancora influenza”. In quel primo faccia a faccia Putin era stato descritto dalle fonti americane come “businesslike“, “congeniale”, “affabile” e con ogni probabilità questi tre aggettivi non saranno usati insieme per parlare dell’incontro di oggi fra Putin (versione 3.0 in via di trasformazione verso la 4.0) e Trump. “Non siamo destinati a essere avversari, ma non garantisco che saremo alleati”, aveva detto Clinton, con grande lungimiranza, dopo la cena al Cremlino a base di cinghiale bollito servito freddo, prosciutto al forno, cavolo e oca con salsa di bacche e un concerto jazz dell’orchestra di Oleg Lundstrem, il quartetto di Igor Butman e una esibizione del gruppo di musiche tradizionali diretto da Pyotr Petrukhin.
George W. Bush e Putin si videro per la prima volta a Lubiana un anno dopo, nel giugno del 2001. “L’ho guardato negli occhi e l’ho trovato molto diretto…sono riuscito a cogliere la sua anima”, la celebre frase pronunciata dal presidente americano che con il suo interlocutore aveva affrontato la spinosa questione del progetto del sistema di difesa anti missile americano in Europa, del trattato ABM del 1972, e dell’adesione dei Baltici alla Nato a cui Mosca si opponeva con forza. “E’ una persona profondamente devota al suo paese e agli interessi migliori per il suo paese e apprezzo molto il dialogo franco che costituisce l’inizio di una relazione molto costruttiva”.
Barack Obama incontrò Putin, allora premier ma pur sempre “ancora con influenza” -come disse il presidente americano-, nella sua residenza
di Novoe Ogaryovo alle porte di Mosca nel luglio del 2009, dopo il vertice di un reset mai realizzato con Dmitry Medvedev. Obama e Putin parlarono del disarmo nucleare, del sistema di difesa anti missile americano, del conflitto russo georgiano. I toni furono descritti come amichevoli e cooperativi. Obama si disse “decisamente convinto che il primo ministro è un uomo di oggi con gli occhi ben puntati sul futuro”. Il New Times scrisse che la colazione durò due ore, e Putin trascorse la prima mezz’ora pronunciando un monologo ininterrotto sulla visione del mondo della Russia.”Sono al corrente non solo dello straordinario lavoro che ha fatto per i russi come presidente ma anche nell’attuale carica di premier… c’è una opportunità eccellente di porre le relazioni fra Russia e Stati Uniti su una base molto più solida”, disse il presidente americano in una delle sue previsioni più sbagliate.