Arrestati in Turchia sospetti terroristi dell’Isis. L’Onu: non li torturate…
Le autorità turche hanno arrestato a Istanbul 29 persone sospettate di legami con lo Stato islamico (Isis). Lo ha riferito l’agenzia di stampa Anadolu, sottolineando che 22 degli arrestati sono stranieri. Non è precisata, tuttavia, la loro nazionalità. L’operazione è stata eseguita
simultaneamente in diversi quartieri di Istanbul, tra cui Atasehir, Bagcilar ed Esenyurt. Secondo le autorità, i sospetti avevano combattuto tra le fila dell’Isis in passato e intendevano tornare nel Paese arabo per il jihad. Non sembra essere collegato a questo fatto specifico l’intervento odierno dell’Onu, ma è chiaro a tutti che il Palazzo di Vetro persegue una linea anti-turca da qualche mese: correrebbero un alto rischio di essere torturati gli attivisti ed “esperti di diritti umani” arrestati vicino ad Istanbul nei giorni scorsi. È l’allarme lanciato oggi dall’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani a Ginevra. “È particolarmente preoccupante che siano stati arrestati durante un workshop sulla sicurezza digitale e la protezione degli attivisti dei diritti umani”, ha dichiarato Elizabeth Throssell, portavoce dell’Ufficio. Le autorità di Ankara mercoledì sera hanno fermato otto attivisti turchi, incluso il direttore della sede turca di Amnesty International, e due esperti, un tedesco e uno svedese. È stato anche arrestato il proprietario dell’albergo dell’isola al largo di Istanbul dove si stava svolgendo il workshop. “Temiamo che ora rischino di essere torturati e sottoposti ad altri trattamenti crudeli, disumani o degradanti”, ha detto Throssel. La situazione in cui si trova il gruppo di attivisti, interrogato con l’accusa di “appartenenza ad un’organizzazione terroristica armata”, conferma le preoccupazioni delle Nazioni Unite, secondo le quali le leggi anti-terrore in Turchia vengono usate per reprimere i diritti politici, ha spiegato Throssel. “I difensori dei diritti umani non devono essere messi a tacere”, ha affermato, esortando Ankara a lasciare che gli attivisti facciano il loro lavoro. Vari gruppi sono stati chiusi durante lo stato di emergenza in Turchia, decretato dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio di un anno fa.