La Francia torna al voto per le legislative: quasi ottomila i candidati
La Francia torna al voto per le elezioni legislative, in programma per l’11 e il 18 giugno. Un appuntamento decisivo, atteso da quando è iniziato il processo elettorale che ha portato alle presidenziali, tanto da far parlare molti dei protagonisti della campagna per le presidenziali di elezioni “a quattro turni”. Sulla linea di partenza sono schierati quasi ottomila candidati a un seggio parlamentare, molti di più rispetto al 2012, meno del record registrato nel 2002. Una media di 14 candidati a seggio, considerando che quelli in palio sono 577. Caratteristica di questi candidati è l’età relativamente più bassa rispetto al passato, 48,5 anni rispetto ai 50 del 2012 e dei 51 del 2007, anche se a voler andare ancora più indietro, gli aspiranti parlamentari erano ancora più giovani: 48 anni nel 2002 e 42 nel 2007. A guardare i singoli partiti l’età media è di 54 anni per i comunisti, l’estrema sinistra o la France Insoumise, 47 anni per il Front National e 46 per La République en Marche.
Francia, ecco come si vota per le legislative
Il voto per il rinnovo dell’Assemblea nazionale è organizzato per circoscrizioni, 577 in tutto, 11 delle quali all’estero, che esprimono i 577 deputati della camera. Ogni elettore fa capo ad una circoscrizione all’interno della quale si affrontano candidati di tutte le formazioni politiche che sono riuscite a presentarne uno. Si vota secondo un sistema uninominale maggioritario a doppio turno. La circoscrizione può andare a un solo candidato, quello che ha ottenuto una maggioranza dei voti e che conquista il seggio a nome della sua formazione politica. Esistono regole di qualificazione precise: un candidato può vincere fin dal primo turno se ottiene il 50% dei voti espressi che rappresentino almeno il 25% degli aventi diritto. Diversamente dalle presidenziali, risulta dunque determinante il tasso di astensione. Se nessun candidato riempie queste condizioni, viene organizzato un secondo turno: la regola per qualificarsi non è quella di ottenere uno dei due primi risultati ma di ottenere i voti di almeno il 12,5% degli aventi diritto. Può dunque accadere che vi siano tre, quattro candidati al secondo turno. Vince tra loro chi arriva primo. L’obiettivo dei partiti è quello di ottenere almeno 289 deputati (quindi vincere in 289 circoscrizioni) per aver la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale e potere così applicare il programma senza dover negoziare con le altre formazioni politiche.
Il rischio astensione
Dal 2002 l’astensione alle legislative continua ad aumentare e nel 2012 ha raggiunto il doppio di quelle delle presidenziali. Eppure, un presidente eletto non può muoversi senza avere una maggioranza all’Assemblea nazionale. Secondo la costituzione è il governo a decidere la politica del paese e l’assemblea a votare le leggi. Se una maggioranza di deputati appartiene ad una famiglia politica diversa da quella del presidente il governo avrà lo stesso colore politico dell’assemblea e la politica attuata sarà quella della maggioranza parlamentare e non quella del capo dello stato. Questo è accaduto con le tre coabitazioni (1986-88, 1993-95 e 1997-2002). Per evitare il rischio che il potere si configuri in questo modo, Jacques Chirac e Lionel Jospin hanno voluto riformare il mandato del presidente della Repubblica per allinearlo alla durata del mandato dei deputati. Prima del 2002 le elezioni legislative si svolgevano durante il settennato e facevano correre il rischio di perdere la maggioranza parlamentare. Dal 2002, l’elezione dei deputati si tiene subito dopo le presidenziali e ha sistematicamente garantito, finora, una maggioranza assoluta al neoeletto presidente. Le legislative saranno determinanti per sapere quale formazione politica governerà il Paese nei prossimi cinque anni.