Da Papa Francesco l’attacco alle pensioni d’oro e ai sindacati

28 Giu 2017 10:39 - di Redazione

«Le “pensioni d’oro” sono un’offesa al lavoro non meno grave delle pensioni troppo povere, perché fanno sì che le diseguaglianze del tempo del lavoro diventino perenni». Sono state le prime dure parole del Papa nella udienza in cui ha ricevuto i delegati della Cisl, in occasione del XVIII congresso nazionale, intitolato “Per la persona, per il lavoro”. Per Papa Francesco  è «urgente un nuovo patto sociale per il lavoro, che riduca le ore di lavoro di chi è nell’ultima stagione lavorativa, per creare lavoro per i giovani che hanno il diritto-dovere di lavorare», ha proseguito il Papa, aggiungendo che «è una società stolta e miope quella che costringe gli anziani a lavorare troppo a lungo e obbliga una intera generazione di giovani a non lavorare quando dovrebbero farlo per loro e per tutti». 

Il Papa: “I sindacati troppo simili ai partiti”

«Questo è un peccato grave: non dobbiamo parlare di economia di mercato, ma di economia sociale di mercato, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II”. Nel passaggio precedente Papa Francesco ha rilevato un vulnus nei rapporti di lavoro, affermando che “«il capitalismo del nostro tempo non comprende il valore del sindacato, perché ha dimenticato la natura sociale dell’economia, dell’impresa, della vita, dei legami e dei patti. Ma forse la nostra società non capisce il sindacato – ha detto il Papa – perché non lo vede abbastanza lottare nei luoghi dei “diritti del non ancora”: nelle periferie esistenziali». Papa Bergoglio bacchetta anche i sindacati che hanno smarrito il senso del loro ruolo, in molti casi”: «Il movimento sindacale ha le sue grandi stagioni quando è profezia. Ma – ha aggiunto – nelle nostre società capitalistiche avanzate il sindacato rischia di smarrire questa sua natura profetica, e diventare troppo simile alle istituzioni e ai poteri che invece dovrebbe criticare. Il sindacato col passare del tempo ha finito per somigliare troppo alla politica, o meglio, ai partiti politici, al loro linguaggio, al loro stile».

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