Trump all’ex capo dell’Fbi Comey: “Attento a ciò che dirai alla stampa”

12 Mag 2017 16:35 - di Giovanni Trotta

“E’ meglio che James Comey speri che non vi siano registrazioni delle nostre conversazioni prima che si metta a dare notizie alla stampa”. E’ quest’avvertimento, criptico nel contenuto ma inequivocabile nei toni, che Donald Trump rivolge oggi, con un ennesimo tweet mattutino, all’ormai ex direttore dell’Fbi. Un tweet, sottolineano i media americani, peraltro tutti schierati contro Trump, che potrebbe segnare una svolta clamorosa nella già complessa vicenda, dal momento che alluderebbe alla possibilità che Trump registri le sue conversazioni nello Studio Ovale. Un’abitudine che fu fatale a Richard Nixon, il presidente travolto dal Watergate, che già è stato evocato più di una volta dopo il licenziamento di Comey, perché anche lui, nel tentativo di bloccare l’inchiesta che gli costò la presidenza, licenziò il procuratore speciale nel 1973. Comunque nel tweet Trump non ha fornito altri dettagli che possano confermare l’ipotesi che lui registri i colloqui alla Casa Bianca, ipotesi avanzata solo dalla stampa democrat. Le cose andarono così: sette giorni dopo il suo insediamento, Trump invitò James Comey per una cena a due alla Casa Bianca, durante la quale il presidente chiese al direttore dell’Fbi di impegnarsi ad essergli leale, una qualità che l’imprenditore diventato presidente ha sempre considerato fondamentale in quelli che considera suoi dipendenti. Ma Comey – che aveva già accettato l’invito con qualche perplessità perché non voleva suggerire possibili conflitti con l’inchiesta già avviata sul Russiagate – glissò, affermando che il presidente poteva essere certo che lui sarebbe sempre onesto con lui ma non “affidabile” nel senso politico del termine. E’ il solito New York Times, che ancora deve smaltire la sconfitta della sua candidata Clinton, a rivelare quella cena e i suoi retroscena, citando come fonti colleghi ai quali Comey avrebbe raccontato dell’incontro con Trump, che sarebbe quindi all’origine di quella che la Casa Bianca ha definito la progressiva “erosione” di fiducia di Trump nei confronti del direttore dell’Fbi, che invece aveva esaltato ad ottobre, quando la riapertura del Mailgate gli aveva dato un netto vantaggio su Hillary Clinton.

La Casa Bianca smentisce la ricostruzione dei giornali “democrat”

Dalla Casa Bianca, comunque, si smentisce questa ricostruzione definendola non corretta. E lo stesso Trump, nell’intervista rilasciata ieri alla Nbc, ha parlato di un incontro avuto con Comey, che sarebbe stato richiesto proprio dal direttore dell’Fbi per chiedere di poter mantenere il suo posto, in cui però non si sarebbe parlato di lealtà. Secondo la ricostruzione del Times, il presidente non si sarebbe accontentato della risposta di Comey riguardo all’onestà, e avrebbe chiesto se la sua sarebbe stata “un’onesta lealtà”. “E’ quella che avrà”, fu la risposta di Comey, secondo quanto riferito ai suoi colleghi ai quali chiese di mantenere riservate queste confidenze. Proprio per questo negli anni Settanta il Congresso ha approvato la legge per rendere di 10 anni il mandato del direttore del bureau, in modo da renderlo indipendente dal presidente. La questione è complicata: i leader del Senato, il repubblicano Mitch McConnell e il democratico Chuck Schumer, hanno invitato il vice ministro della Giustizia, Rod Rosenstein, a un incontro per spiegare ai tutti i 100 senatori le ragioni del licenziamento di James Comey deciso bruscamente da Donald Trump. La notizia è stata data direttamente dal senatore Schumer, in un intervento in aula. Anche se Rosenstein non ha formalmente accettato l’invito, Schumer si è detto convinto che l’incontro avverrà, e ha chiesto che si svolga nei primi giorni della prossima settimana. Il vice ministro della Giustizia ha firmato una delle due lettere, l’altra è del ministro Jeff Sessions, che la Casa Bianca ha pubblicato martedì sera per giustificare il licenziamento di Comey. Anzi all’inizio la Casa Bianca ha offerto la ricostruzione secondo la quale Trump avrebbe preso la sua decisione solo dopo aver letto la raccomandazione di Rosenstein, versione poi corretta, e poi smentita dallo stesso presidente nelle interviste rilasciate ieri. Si prevede che il briefing di Rosestein sia a porte chiuse e in parte secretato. E la portavoce del presidente, Sarah Sanders Huckabee, ha replicato che la ricostruzione dell’ex direttore dell’Fbi non è un “resoconto accurato” della cena e che al presidente degli Stati Uniti ovviamente non serve una “fedeltà personale”, bensì quella “al popolo e alla patria”.

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