Terremoto dell’Aquila, lo Stato vuole indietro i soldi pagati per le vittime
Lo Stato batte casse presso i familiari delle vittime del terremoto dell’Aquila del 2009. E chiede indietro i soldi versati, quali provvisionali, dopo il processo di primo grado in cui furono condannati i componenti della Commissione Grandi Rischi. Ma le famiglie delle vittime rispondono picche. E, anzi, rilanciano annunciando di essere pronti a dare battaglia. E a chiedere altri soldi: «ci costituiremo in giudizio e ci opporremo per avere l’intero risarcimento dei danni. La provvisionale viene quindi mantenuta a titolo di acconto sulle maggiori somme dovute», spiazza l’avvocato Wania Della Vigna, legale di alcuni famigliari di vittime del sisma.
Ma perché ora lo Stato richiede indietro i soldi della provvisionale? Nel 2012 il Tribunale dell’Aquila, a tre anni di distanza dal sisma, condannò i membri della Commissione Grandi Rischi, l’organismo tecnico scientifico che si riunì pochi giorni prima del terremoto che distrusse il capoluogo abruzzese il 6 aprile 2009. Poi, in secondo grado, la sentenza venne ribaltata. E ora lo Stato richiede indietro i soldi di alcune provvisionali pagate. Non tutte.
«C’è stata una sentenza di primo grado che condannò i membri della Commissione, tra i quali Bernardo De Bernardinis (già vice capo del settore tecnico del Dipartimento di Protezione civile ndr) e furono inoltre stabilite anche le provvisionali per tutti i familiari.
«Siccome la provvisionale per legge è esecutiva – spiega l’avvocato – la Presidenza del Consiglio dei ministri si è subito affrettata ad offrire un
pagamento».
Due anni dopo, nel novembre 2014, la Corte di appello dell’Aquila cambiò le carte in tavola. «La sentenza della Corte d’appello ha assolto i componenti della Commissione Grandi Rischi e condannato De Bernardinis riconoscendo un nesso casuale» solo in relazione alla morte «di alcune vittime e non di altre per le quali è stato assolto ex-articolo 530 II comma», spiega l’avvocato.
E ora lo Stato chiede indietro proprio ai familiari di queste ultime vittime le provvisionali riconosciute dopo la sentenza di primo grado.
«Vogliono i soldi indietro – osserva l’avvocato Della Vigna – Ma noi stiamo preparando a nostra volta una lettera di messa in mora, dicendo che tratteniamo le provvisionali perché non sono state date indebitamente: abbiamo le prove, che useremo nel processo civile, per dimostrare un nesso causale tra le rassicurazioni avute e la scelta di restare nelle case dove le vittime hanno trovato la morte».