Serrentino, l’eroe di Zara sequestrato dai titini e gettato in una fossa senza nome

15 Mag 2017 15:36 - di Antonio Pannullo

Settant’anni fa, il 15 maggio 1947, a guerra ampiamente finita e dopo due anni di prigionia, veniva fucilato il prefetto di Zara Vincenzo Serrentino, che era stato preso prigioniero dai titini nel 1945 a Trieste e della cui sorte nessuno aveva più saputo nulla, neanche la famiglia. Così come non si era saputo nulla della sua esecuzione tramite fucilazione, dopo un processo sommario di un sedicente tribunale del popolo jugoslavo. Il corpo di Vincenzo Serrentino, che si era prodigato in modo eroico per la popolazione zaratina durante e dopo i 54 bombardamenti terroristi degli alleati sulla stupenda città dalmata. Siciliano di Rosolini, nel Siracusano, Serrentino frequentò l’Accademia di Modena diventando sottotenente e combattendo valorosamente nella Grande Guerra. Fu in quella circostanza che ebbe a che fare con serbi e croati, sbarcando in Dalmazia nel 1918 in attesa che diventasse italiano dopo il Patto di Londra. Si stabilì a Zara, dove si sposò con una zaratina e da cui ebbe tre figli, e fu tra i primi esponenti del Fascio di combattimento di Zara. Nel 1939 assunse il comando della contraerea della città e divenne Primo Seniore (tenente colonnello) della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale. Dopo l’occupazione tedesca, riuscì a strappare ai tenuti ustascia croati la carica di prefetto, facendo anche parte del tribunale straordinario per la repressione delle attività dei partigiani titini.

Zara divenne la “Dresda dalmata”: 54 i bombardamenti alleati 

Nel giorno del suo insediamento ci fu il primo dei bombardamenti alleati di Zara, che fecero della città la “Dresda dalmata”, con un numero di morti civili che si stima sui duemila. Si prodigò per alleviare le sofferenza della popolazione, poiché il 40 per cento della città era distrutta e il 90 per cento delle abitazioni erano inagibili, facendo sfollare gli abitanti e distribuendo i pochi aiuto che arrivavano da Polo tra coloro che non potevano andarsene. Negli ultimi giorni della Repubblica Sociale, il governo ordinò il ritiro da Zara, da cui Serrentino se ne andò per ultimo aggregandosi alle truppe tedesche in fuga. Giunse a Trieste, dove si perdono le sue notizie. Solo in seguito, dopo anni, si apprese che fu preso prigioniero dai partigiani titini, che lo tennero due anni per varie carceri della Croazia e che fu sottoposto a un processo sommario e quindi fucilato sempre senza comunicare nulla a nessuno. Fu gettato in una fossa comune a Sebenico, in un campo dove oggi pascolano le pecore. Nel 2006, su una rivista di italiani in Dalmazia, fu reso noto l’esito di alcune minuziose ricerche del luogo dove Serrentini potesse essere stato sepolto. Era un vecchio cimitero abbandonato, a 5 chilometri a sudest dalla città, un luogo desolato e abbandonato, senza segno di sepoltura. In quello stesso luogo, stando al giornale, vennero poi sepolti anche altri stranieri dopo la guerra. Da qualche vecchia croce si capiva che un tempo c’era stato un antico cimitero, poi lasciato preda della vegetazione e dell’incuria. Malgrado le richieste e le ricerche dei parenti, il governo croato non ha mai collaborato, e un po’ di terra dal cimitero è tutto quello che a oggi i congiunti hanno potuto riaveree.

 

 

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