New York contro Trump. E Hillary ricomincia a bussare a denari

5 Mag 2017 13:56 - di Marzio Dalla Casta

Ai liberal newyorkesi non va giù che Donald Trump stia dando seguito al programma con cui sei mesi fa ha vinto la corsa per la Casa Bianca. C’è qualcosa di più democratico che rispettare gli impegni assunti con la maggioranza degli elettori? Certo che no. Ma a New York, che alle elezioni ha votato al 79 per cento per Hillary Clinton e quindi contro Trump, la democrazia è una sorta di codice inverso, un valore da predicare ma non da praticare, un’etichetta da appiccicare solo a chi s’inchina al mainstream della Grande Mela.

La Grande Mela invoca l’impeachment

E così capita che, se in coerenza con quanto annunciato in campagna elettorale, The Donald azzera la cosiddetta Obamacare, la controversa riforma sanitaria pervicacemente voluto dal suo predecessore, i newyorkesi piuttosto che incassare la sconfitta a denti stretti, preferiscano abbandonarsi a rumorose proteste a base di insulti, di invocazioni di impeachment se non di arresto nei suoi confronti. «Lui non è uno di noi», ha sentenziato un manifestante non senza averlo prima definito «idiota». Nel frattempo, attivisti di Greenpeace Usa a bordo di gommoni accostati alla portaerei Usa Intrepid, oggi museo galleggiante sul fiume Hudson, srotolavano lo striscione “Resist“, ormai diventato lo slogan della “resistenza” a Trump. A ciascuno la sua.

La Clinton a caccia di dollari per la “resistenza” a Trump

In questo clima arroventato, il ritorno sulla scena della Clinton non stupisce affatto. Secondo Politico, testata online esperta di retroscena, l’ex-first lady è a caccia di soldi con cui condurre la “resistenza” a Trump e già la prossima settimana terrà a battesimo un gruppo politico fatto di fedelissimi. Nel frattempo, ha incontrato alcuni magnati di Washington, New York e Chappaqua, la città dove vive. La sconfitta, insomma, non l’ha piegata né, tantomeno, domata. Anzi, la Clinton si rilancia ripartendo proprio dalla sua specialità: la questua milionaria. Ieri lo speculatore Georges Soros, oggi qualche altro Paperone liberal in cerca di forti emozioni. Per lei, insomma, tutto è perduto. Tranne il bancomat.

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