Macron vs Le Pen: per De Benoist il populismo va oltre destra e sinistra. Ecco perché
Alain De Benoist, sempre attivo sul fronte della speculazione intellettuale, analista contemporaneo lungimirante e lucido, in un’intervista rilasciata a il Dubbio mette sotto la lente dell’osservazione socio-politicilogica l’abusato tema del populismo, e ne dè una chiave di lettura – alla luce delle recenti elezioni francesi ovviamente – perfettamente in linea con i suoi trascorsi intellettuali e editoriali. Non a caso l’intervista titola con un punto di domanda: «E se il futuro del populismo fosse a sinistra»?
De Benoist sul populismo
Vecchio tema, nuova angolazione: le ultime elezioni presidenziali e quelle ormai imminenti per il rinnovo del Parlamento, da un lato, e la recentissima uscita del suo nuovo saggio Le moment du populisme, dall’altro, hanno riportato sotto la luce dei riflettori la figura di Alain De Benoist. Malgrado il lavorio intellettuale e l’ingente produzione di volumi e interviste nell’arco di decenni, sul suo nome viene ancora appiccicata l’etichetta di ideologo della destra, “nuova” o “radicale” che sia; viene così ignorata a scopi di squallida bottega politica la sua ricerca di nuove sintesi, che vadano al di là del discrimine destra/sinistra. Eppure, proprio i suoi interventi a margine della campagna presidenziale e, soprattutto, le riflessioni contenute nell’ultimo saggio da lui redatto, dovrebbero sgombrare il terreno da ogni dubbio al riguardo. Già durante la campagna elettorale, de Benoist non aveva nascosto il suo apprezzamento per certi argomenti sbandierati dal candidato delle sinistre, Jean Luc Melenchon; ma al tempo stesso aveva valutato positivamente alcune prese di posizione della Le Pen, soprattutto in tema di rappresentante delle classi più “basse” della società e di difesa dell’identità francese. Eppure il Fn ha perso anche se, come sostiene De Benoist nell’intervista, «Macron è stato eletto per difetto, dal momento che quasi la metà di coloro che hanno votato per lui, ha fatto in modo da “bloccare” l’avanzata del Fn. Le cifre mostrano che un numero considerevole di francesi non era né con Macron né con la Le Pen. Questo è uno dei dati che Macron deve prendere in considerazione se si vuole vincere le elezioni a giugno». Non solo: nell’intervista citata in apertura de Benoist spiega come e perché «Mélenchon, data la sua posizione politica, non poteva invitare a votare per Marine Le Pen. Tuttavia ha rifiutato di votare a favore di Macron, il che è già molto – e gli è valso molte critiche. Marine Le Pen, da parte sua, poteva anche trovare una sponda tra gli elettori di François Fillon. Le analisi elettorali mostrano che il secondo turno ha ricevuto circa il 15% dei voti Mélenchon e circa il 25% dei voti Fillon».
Se e come il populismo ha condizionato il fenomeno Macron?
E allora, alla domanda del giornalista de il Dubbio su come il populismo, più volte indicato dall’intellettuale francese come «rivolta del ceto medio» possa aver condizionato il fenomeno Macron, de Benoist spiega il fenomeno populista declinato alle presidenziali francesi sostenendo come il populismo sia «un modo di articolare la domanda politica e sociale dal basso e vede le classi dirigenti (“quelli in alto”) come una casta oligarchica ansiosa di non difendere i propri interessi. La sua base sociale è costituita dalle classi popolari e la parte inferiore della classe media… Il fenomeno Macron «al contrario, recluta principalmente dalla borghesia delle città, i dirigenti, “bobos”, ecc… Gli attacchi terroristici che si svolgono nelle grandi città non cambiano la questione, dal momento che tutti i governi sostengono di combattere il terrorismo. Non è terrorismo, ma l’immigrazione incontrollata a preoccupare gli elettori del Front National». Laddove, dunque, nel populismo de Benoist vede non già un’ideologia, bensì una mentalità, un’ondata rivendicazionista degli strati sociali rimasti privi di rappresentanza politica e in forte contestazione nei confronti delle élites di potere, occulte o palesi, nazionali e internazionali. Una simile ondata spesso confluisce nei movimenti sovranisti e identitari e addirittura si confonde, in certi casi, con istanze localistiche.
Se globalizzazione e flussi migratori rimescolano le carte…
Certo, le convergenze, se non le sintesi, destra/sinistra appaiono ancora problematiche, sia in Francia che in Italia che altrove, anche se la nuova realtà dei flussi migratori sta rimescolando le carte. A riguardo, allora, non stupisce quanto ribadito da de Benoist nell’intervista a riguardo, soffermandosi sul crollo socialista nonostante, come sottolineato dall’intervistatore, «la candidatura senz’altro più progressista di Benoît Hamon». «I due “partiti maggiori” – rileva de Benoist – sono stati anche tradizionalmente portatori del divario destra- sinistra. Il punto comune tra Macron e Le Pen è aver cercato di superare questo divario. Questo è un punto fondamentale». Un nodo cruciale su cui l’intellettuale francese non ha mai smesso di soffermarsi dagli esordi del GRECE – associazione culturale che fu alle origini di quel movimento di idee denominato “nuova destra” – insieme ai suoi amici e collaboratori, da Michel Marmin a Jean-Claude Valla, da Giorgio Locchi a Guillaume Faye, con i quali si batteva contro la mondializzazione e il pensiero unico, contro il capitalismo specie finanziario e, in definitiva, contro «il sistema per uccidere i popoli»…