Le parole «sindaca» e «ministra» fanno male alle istituzioni. Lo dice l’esperto

17 Mag 2017 14:53 - di Valeria Gelsi
sindaca

Non usate parole come “sindaca” e “ministra”, anche se sono entrate nell’uso quotidiano e l’Accademia della Crusca le ha promosse, istituzionalmente sono scorrette. Parola di uno che di istituzionalità ne sa qualcosa: Massimo Sgrelli, per oltre 15 anni capo del cerimoniale di Stato della Presidenza del Consiglio, attualmente presidente del comitato scientifico dell’Accademia del Cerimoniale e ora autore del libro Il Galateo Istituzionale (Di Felice editore), che suggerisce a chi ha responsabilità di Stato un ritorno a condotte più consone ai ruoli che si ricoprono

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Il volume, che si caratterizza come un vero e proprio manuale di bon ton delle istituzioni, parte dal presupposto che «la forma istituzionale è ancora sostanza». Così, anche se l’intento forse non era quello, Sgrelli finisce per assestare bacchettate a destra e a manca. Dal sostegno alle forme al femminile, tanto care a Laura Boldrini e Virginia Raggi, passando per la passione per i social, che vede tra i suoi massimi rappresentanti Matteo Renzi, per arrivare all’uso introdotto da Giorgio Napolitano e fatto proprio da Sergio Mattarella di non sedere più «al centro della prima fila nelle manifestazioni istituzionali», di fatto quasi non c’è pratica ormai in uso tra i politici nostrani che non si possa sottolineare con la matita rossa. 

Non va meglio con l’uso dei social

«Tutta questa messaggistica personale è istituzionalmente poco corretta. Persino Donald Trump è senza più filtri e parla a colpi di tweet. Ci sarebbe invece bisogno di un ritorno a un linguaggio istituzionale e a un utilizzo meno esasperato dei social. Anche per dare più l’idea di non sottrarre tempo alla cura del Paese», spiega Sgrelli, che è stato, tra l’altro, l’inventore della Cerimonia del Campanello, con cui i presidenti del Consiglio si passano le consegne. Quanto alla di parole come sindaca e ministra, l’esperto di cerimoniale ricorda che «il sindaco e il ministro come funzione pubblica sono termini neutri, per cui nell’utilizzo del termine al femminile, al limite, potrebbero ravvisarsi persino dei profili di incostituzionalità perché l’art. 3 della Costituzione fissa la parità di genere, il che significa che non potremmo introdurre distinzioni. Di questo passo c’è il rischio di discriminare chi è gay».

«Nelle istituzioni la forma è ancora sostanza»

Nelle intenzioni di Sgrelli però Il Galateo istituzionale si rivolge a tutti: «Dal capo dello Stato al tramviere, nessuno escluso. Sperando che la patria ne abbia giovamento». Anche perché c’è un vuoto da colmare: «Oggi non si insegna più l’educazione civica nelle scuole. E se solo pensiamo alle scenate alle quali si assiste nelle sedi istituzionali… effettivamente – commenta Sgrelli – siamo caduti un po’ in basso. Troppo spesso assistiamo a comportamenti dettati da superficialità. A ciò si aggiunga che oggi il leaderismo tende a scardinare ogni regola». Dalle scuole ai palazzi, dunque, c’è bisogno di rivalutare la correttezza formale dei comportamenti, considerando gli effetti circolari delle cattive – e di contro delle buone – condotte. «Una condotta istituzionale disattesa – ricorda Sgrelli – produce conseguenze negative, se non nefaste, per il buon funzionamento delle istituzioni e quindi del Paese».

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