Detenuti pusher. Spaccio di droga nel carcere di Rebibbia: 6 arresti
Spaccio di droga nel carcere di Rebibbia con la complicità dei familiari dei detenuti. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Roma, nei confronti di 6 persone, ritenute responsabili di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti continuata e aggravata, perché commessa all’interno del carcere di Roma Rebibbia. In queste ore sono in corso perquisizioni presso le abitazioni degli arrestati e le celle dei detenuti coinvolti.
Spaccio di droga a Rebibbia
I sei arresti (due in carcere e 4 ai domiciliari) sono stati compiuti nella notte a Roma e Cassino. Le indagini hanno portato alla luce “un articolato sistema di introduzione e spaccio di cocaina, hashish e droghe sintetiche all’interno del Carcere di Roma Rebibbia”. La scoperta è stato possibile grazie ad alcune intercettazioni nell’ambito di un’operazione avviata lo scorso novembre in seguito agli arresti di altre sei persone a Roma e Catania per una serie di estorsioni e rapine aggravate dal metodo mafioso avvenute nell’area capitolina ai danni di un imprenditore operante nel settore dell’autonoleggio. Le attività tecniche e dinamiche e i riscontri effettuati hanno permesso ai Carabinieri di ricostruire l’attività di spaccio. Alcuni indagati, già ristretti in carcere, utilizzavano telefoni cellulari tenuti illegalmente in cella e ordinavano alle proprie mogli la quantità e la tipologia di droga. Le donne, dopo aver reperito lo stupefacente sul mercato della Capitale, introducevano la droga all’interno del carcere nascondendola anche nelle parti intime per eludere i controlli. La consegna avveniva durante i colloqui previsti per i familiari, ai quali le donne si presentavano sempre in compagnia dei propri figli minori per destare meno sospetti. Entrata nella struttura carceraria, la droga veniva poi smerciata al dettaglio ad altri detenuti con prezzi maggiorati rispetto a quelli praticati fuori dal carcere, fruttando così svariate migliaia di euro ai detenuti ”pusher”. Nel tempo la richiesta di droga è aumentata in maniera esponenziale. In alcune circostanze le donne, notando la presenza di cani antidroga all’ingresso del carcere, rinunciavano a incontrare i mariti e tornavano a casa.