Dalle baracche al tappeto rosso di Cannes: il cinema italiano si affida ai Rom…
Dalle baraccopoli di tutta Europa alla croisette di Cannes: i Rom ora vengono anche celebrati dal cinema. Nulla di male, per carità, un regista deve raccontare storie umane. Però, chissà perché, non avevamo dubbi che nel momento in cui i problemi andrebbero affrontati e risolti, il cinema – e ovviamente la “buona” Rai – avrebbero sposato questo argomento e celebrato i Rom. Quella del cinema è una precisa fazione politica: di sinistra, buonista fino alla nausea, che spesso va contro il comune sentire della gente. Lo ha dimostrato schierandosi compattamente contro Trump. che non era abbastanza chic come la Hillary Clinton, andandoci poi a sbattere il muso quando il popolo ha democraticamente scelto il “rozzo” repubblicano. Che A Ciambra possa dare un’immagine negativa degli zingari non sembra in discussione: “In realtà parla abbastanza bene di loro, io li amo, questa è la mia famiglia. Per venire a Cannes sono usciti per la prima volta dal loro paese, e io ho un’ansia infinita per loro qui: non mi sono goduto la Croisette, ho preferito stare con loro”. E, ancora sulla raffigurazione della comunità rom, il regista Jonas Carpignano aggiunge: ”Volevo evitare il buonismo, i numeri tipo solo il 7% degli zingari rubano. Volevo entrare nella loro vita, amarli, sono persone come noi”. Tra le tante sorprese di questo film, c’è anche Martin Scorsese nel ruolo del produttore esecutivo: “Ha prima letto la sceneggiatura, dopo aver avuto un mio libro di fotografie sulla Ciambra. Poi, ha visto il film, mi ha dato consigli: gli è molto piaciuto, ed è emozionante poterlo dire. Scorsese è stato una guida spirituale”. Infine, sulla ‘ndrangheta che entra in contato con la comunità rom, Carpignano conclude: “Non è come la camorra a Napoli, è una cosa sottile, entra nelle vite delle persone”.
Raicinema ha contribuito alla produzione
A Ciambra non ha ancora distribuzione in Italia, ma, confida Paola Malanga del coproduttore Rai Cinema, l’avrà presto: ”Un festival come questo è la migliore vetrina”. Figlio di un’immersione totale nei luoghi e nelle dinamiche quotidiane della famiglia Amato (Carpignano li conosce dal 2011, quando dovette attendere la fine dei funerali del patriarca Emilian per poter concordare il prezzo con cui ”riscattare” la Fiat Panda che gli avevano rubato), A Ciambra è un anomalo romanzo di formazione che, attraverso il filtro della finzione, porta in superficie una verità che probabilmente nessun documentario avrebbe potuto scovare meglio. Dice ancora il regista: “Vivo a Gioia Tauro da 7 anni, è la mia base. La mia idea non era quella di raccontare immigrati e rom, perché parto sempre dai personaggi: nel caso di Mediterranea era Ayiva, stavolta Pio, che ho conosciuto quattro, cinque anni fa”. Nel 2015 con Mediterranea aveva impressionato sulla Croisette (Semaine de la Critique), due anni dopo torna alla Quinzaine des Realisateurs di Cannes con il suo secondo lungometraggio A Ciambra: classe 1984, cresciuto tra Italia e Stati Uniti, è Jonas Carpignano. Di Mediterranea ritrova il 14enne rom Pio Amato e Koudous Seihon (nome di finzione Ayiva), del Burkina Faso, e non solo loro. La Ciambra del titolo – e già di un cortometraggio che Carpignano ha girato nel 2014 – è una piccola comunità Rom nei pressi di Gioia Tauro, dove Pio Amato cerca di crescere più in fretta possibile, a quattordici anni beve, fuma ed è uno dei pochi in grado di integrarsi tra le varie realtà del luogo, ovvero italiani, immigrati africani e, appunto, i rom. Dal fratello Cosimo impara come stare per le strade della sua città, ma quando Cosimo scompare le cose si mettono male. Dopo che anche il fratello maggiore raggiunge il padre in galera, Pio incomincia a provvedere ai bisogni della numerosa famiglia. Per farlo, però, conosce un solo modo: rubare. Il modo più veloce, redditizio e meno rischioso per farlo è salire sui treni e scenderne poco dopo con i bagagli dei passeggeri. A piazzare poi i vari tablet e altri oggetti rimediati gli dà una mano Ayiva (Koudous Seihon, già protagonista in Mediterranea), immigrato del Burkina Faso con il quale il ragazzo costruisce un vero rapporto d’amicizia, che gli consente di integrarsi senza problemi con l’intera comunità africana del luogo.