Aumentare la produttività per aumentare i salari: dagli industriali solo parole

25 Mag 2017 13:13 - di Enea Franza

Nel suo intervento all’assemblea pubblica, tenutasi a Roma il 23 maggio, davanti a oltre 3mila imprenditori, il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia ha puntato il dito contro, a suo dire, il vero peccato capitale del nostro Paese: la perdita di competitività. «Aumentare produttività per aumentare salari» è stato l’efficace slogan stato lanciato.

Cosi ha spiegato Boccia: «Noi vogliamo aumentare le retribuzioni con l’aumento della produttività. E questo è possibile solo con una moderna concezione delle relazioni industriali .. (dove) la strada maestra è quella dei premi di produttività, da detassare in modo strutturale». Gli ha fatto eco il ministro Calenda che si è affrettato a dichiarare: «Siamo pronti a fare la nostra parte valutando un’ulteriore detassazione sui premi e sul salario di produttività». Che i salari siano negli ultimi anni aumentati è, peraltro, un fatto facilmente documentabile ma, a nostro parere, occorre rilevare come essi erano stati stabilmente fermi da molto tempo e, avevano subito l’erosione della crisi generale del nostro Paese che dal 2008 ha inferto un colpo durissimo alle rendite.

Cosi inquadrate, tuttavia, le osservazioni del presidente della Confindustria e del Ministro fanno acqua da tutte le parti. La produttività – penso sappiano bene – non dipende solo dai salari, che ne costituiscono, peraltro, indubbiamente, una parte importante. Ma, ribadiamo, non l’unica e neanche numericamente la più rilevante.

In effetti, le fluttuazioni della produttività del lavoro non nascono dalla fatica e dalla capacità del lavoratore, la cui effettiva importanza è messa in ombra da fattori ben più importanti, come, in primo luogo, l’effettiva conoscenza ed addestramento. In tal senso occorre osservare come la produzione di conoscenza, elemento nel nostro tempo centrale della produttività, si scontra con un problema sempre maggiore d’impreparazione del lavoratore ad affrontare le sfide connesse alla rapida obsolescenza dei macchinari da usare nelle produzioni e nella mancanza di opportuna qualificazione professionale, come le statistiche purtroppo dimostrano.

Un secondo aspetto è costituito della natura e dal limite dello stock dei beni di produzione, da intendersi non solo come le macchine e gli impianti utilizzati dalle imprese, ma anche dalle infrastrutture e dai relativi costi, come i mezzi di comunicazione quali le strade, le ferrovie, il sistema aereoportuale e, da ultimo, le c.d. “autostrade informatiche”. Sul punto, a dimostrazione di quanto si sostiene, si sottolinea l’enorme arretratezza del nostro Paese in tema di “banda larga”.

La tecnologia, inoltre, costituisce un ulteriore elemento di incremento esponenziale della produttività. Nonostante gli enormi passi avanti fatti dalla pubblica amministrazione in questi anni, dobbiamo, tuttavia, constatare che la sua lentezza non ha permesso a tutt’oggi di arrivare all’obiettivo minimo di un unico sportello pubblico per i servizi erogati dalla P.A., determinando con ciò un enorme ritardo nella crescita del paese e, quindi, nella produttività del lavoro.

Un ulteriore aspetto, non emerge dalle parole delle autorità presenti all’assemblea. Tutti sappiamo che la divisione del lavoro costituisce un elemento d’importanza strategica per la produttività. Ebbene, c’è un elemento meno noto della famosa “legge di Smith” sulla divisione del lavoro. Essa riguarda il collegamento delle forniture da industria ad industria, che devono essere pensate e collegate armoniosamente perché la produzione proceda armoniosamente. Sul punto, l’incapacità degli industriali di fare corpo è nota da tempo e i loro sforzi si scontrano con una concezione del capitalismo non adatta ad un mercato globale.

Ebbene tutto questo il presidente Boccia non può far finta di dimenticarlo, addossando tutta la responsabilità ai lavoratori. Piuttosto, si ripensi ad una associazione degli industriali che adoperi la sua energia a creare poli industriali coesi e chieda al Governo di governare, dando al Paese norme certe e di immediata comprensione, e gli chieda di rinnovare i sui uffici rendendoli veramente compliance con l’impresa.

Già si sarebbe fatto un buon lavoro!

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