Roma, veleni a Cinquestelle: due indagati per il dossier contro De Vito
Ci sarebbero almeno due indagati nell’inchiesta aperta dalla Procura di Roma sul caso del presunto dossieraggio ai danni di Marcello De Vito, attualmente presidente dell’Assemblea capitolina. Si tratta di una vicenda tutta interna al M5s, che portò all’esclusione di De Vito dalle comunarie e, quindi, dalla possibilità di correre come sindaco. L’ipotesi di reato su cui lavorano gli inquirenti è quella di calunnia, poiché il venticello che travolse De Vito si rivelò poi infondato.
Quei sospetti sollevati da Raggi & co
La notizia è stata divulgata da Repubblica, che non ha indicato i nomi degli indagati, ma ha ricostruito l’affaire ricordando che furono Virginia Raggi, Daniele Frongia ed Enrico Stefàno a sollevare dubbi sulla opportunità della candidatura di De Vito. L’attuale presidente dell’Assemblea capitolina, che alle comunarie partiva favorito, si vide piovere addosso il sospetto di aver brigato in maniera non trasparente su un caso di condono edilizio. La “colpa” di De Vito era stata di aver chiesto un accesso agli atti, che i compagni di partito giudicarono poco chiaro. «Ragazzi, scusate, ma per verificare il pagamento di una mazzetta fai un accesso agli atti? E perché non vai alla polizia?», scrisse Virginia Raggi in una chat.
De Vito portato davanti a un «tribunale speciale»
Repubblica ricorda anche che in seguito De Vito fu praticamente trascinato da Raggi & co davanti a quello che poi la deputata Paola Taverna, in una email, definì un «tribunale speciale»: senza che venisse avvisato sul perché della convocazione, fu chiamato a rispondere del suo presunto abuso d’ufficio alla Camera, di fronte ad alcuni deputati e ai responsabili della comunicazione del partito. De Vito reagì subito, portando le “prove” della propria innocenza e dimostrando che nella circostanza che gli veniva rinfacciata aveva agito di concerto con l’avvocato del M5s in Regione, Paolo Morricone. La sua corsa per lo scranno più alto del Campidoglio, però, a quel punto ormai si era interrotta.
L’esposto di Andrea Augello e il fascicolo della Procura
Quando la vicenda emerse da una inchiesta del Fatto quotidiano fu il senatore Andrea Augello a presentare un esposto. Ora sembra che proprio la chiamata a rispondere davanti ai deputati, all’interno degli uffici della Camera, sarebbe ciò che ha offerto alla Procura la possibilità di procedere per calunnia: in quella sede e nell’esercizio delle loro funzioni i deputati ricoprono la veste di pubblico ufficiale, «come più volte – spiega Repubblica – stabilito dalla Cassazione penale». L’appiglio sarebbe, quindi, che quell’incontro rappresentò una sorta di formalizzazione delle illazioni, trasformandole di fatto in accuse vere e proprie.
De Vito: «Qualcuno ne risponderà»
«Io al momento prendo atto di quanto letto sui giornali, non ho dichiarazioni da fare sotto il profilo giuridico. Politicamente immagino che qualcuno dovrà fornire le sue giustificazioni anche al garante del Movimento 5 Stelle», ha commentato De Vito, che non ha mai nascosto l’amarezza per quanto avvenne tra la fine del 2015 e l’inizio del 2016, bollando tra l’altro la vicenda come «molto avvilente».