Meloni: «È innaturale che Berlusconi resti nel Ppe. Lì c’è la Merkel…»

19 Apr 2017 12:22 - di Elsa Corsini
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Giorgia Meloni pontiere tra Salvini e Berlusconi? In una lunga intervista a Rai News la leader di Fratelli d’Italia fa il punto sulle prospettive del centrodestra e torna a chiarire le condizioni per un’alleanza strategica in grado di «tornare a vincere». Un’alleanza basata su un programma comune che spazzi via ogni dubbio su Europa, immigrazione e rapporti con la sinistra. «Abbiamo detto più volte che il vero nodo da sciogliere è l’Europa», ha spiegato la Meloni aggiungendo di trovare innaturale la collocazione di Berlusconi e di Forza Italia all’interno del Ppe. «Considero innaturale sbandierare un buon rapporto tra l’ex premier e la Merkel perché io non dimentico i sorrisini della Cancelliera e di Sarzozy quando Berlusconi era premier. Non dimentico il ruolo determinante che la Germania ha giocato nella rimozione in Italia dell’ultimo governo eletto dai cittadini. Francamente non so come il Cavaliere possa considerarsi parte di quella famiglia».

Meloni: sì all’alleanza ma non a tutti i costi

Pur avendo un’identità e un percorso propri, Fratelli d’Italia farà la sua parte per raggiungere una sintesi tra le diverse posizioni in campo al di là delle inevitabili schermaglie e i toni talvolta accesi. «Ci muove la voglia di vincere le elezioni per ben governare – ha ribadito l’ex ministro della Gioventù – ma questo comporta la necessità di fare chiarezza sui contenuti, sul metodo di selezione del “portabandiera” della coalizione e sui rapporti con la sinistra». Più facile il dialogo con la Lega («con Salvini non abbiamo problemi a trovare un terreno comune, lo abbiamo sempre fatto in questi anni e il nostro è un rapporto di solida alleanza»), più difficile quello con Berlusconi con il quale la Meloni si augura di poter raggiungere una mediazione sulle questioni più spinose a partire dal tema dell’Europa e dalla eventuale disponibilità a offrire il proprio consenso a governi a guida Pd. Sulla scelta del candidato premier, del “portabandiera” della coalizione, la Meloni rilancia le primarie («se qualcuno ha una ricetta più adatta, sono disponibile») ma esclude la possibilità e la necessità di individuare un leader comune. «Ci sono tre partiti e ognuno ha il suo leader», sottolinea immaginando piuttosto un gioco di squadra nel quale ciascuna formazione politica gioca il suo ruolo e rappresenta una specificità, «una prospettiva affascinante nella stagione degli uomini soli al comando. Tra i paletti posti da Fratelli d’Italia anche la cosiddetta norma anti-inciucio (l’impossibilità dei parlamentari di cambiare casacca nel corso della legislatura) della quale però il centrodestra, stando ai sondaggi che lo vedono in costante recupero, potrebbe non avere bisogno. Se il centrodestra si presenterà unito, Renzi rischia di arrivare terzo e non avrà i voti per poter governare», ha detto la Meloni immaginando uno scenario nel quale sarebbe la sinistra a doversi porre il problema di un eventuale appoggio esterno al governo. Sulla legge elettorale, infine, la Meloni punta i riflettori sul bluff della sinistra  che ha utilizzato il tema della riforma per allungare i tempi e impedire agli italiani di andare alle urne. «Renzi ha concepito un sistema elettorale valido soltanto nel caso di vittoria al referendum e quando ho proposto alle Alte cariche dello Stato l’approvazione di una legge elettorale con una clausola di salvaguardia che consentisse agli italiani di votare a prescindere dall’esito referendario mi hanno guardata come se fossi un marziano a due teste».

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