Il carabiniere ai colleghi: «Attenti a Igor, pericoloso come Liboni “il lupo”»

12 Apr 2017 14:16 - di Giovanni Trotta

La vicenda di Igor il russo, che poi russo non è, richiama alla memoria quella di Luciano Liboni, ucciso dopo una analoga vicenda nel 2004. E molti trovano similitudini tra questi due criminali solitari. Tre parole soltanto, da parte di chi ci è già passato: “state molto attenti”: il brigadiere dei carabinieri Angelo Bellucci, che nel 2004 insieme al collega Alessandro Palmas pose fine alla sanguinosa latitanza di Luciano Liboni al termine di un conflitto a fuoco al Circo Massimo, rivolge questo consiglio alle centinaia di operatori delle forze dell’ordine e militari impegnati in questi giorni nella caccia a Igor Vaclavic, ricercato per gli omicidi di Budrio e Portomaggiore. “Non sarà facile prenderlo: è un criminale molto pericoloso, esperto nelle tecniche militari e di sopravvivenza, non è un ricercato qualsiasi. Proprio come non lo era Liboni”, dice.

I carabinieri misero fine all’incubo del “Lupo”

Nella mente del brigadiere dell’Arma, oggi in congedo, resta scolpita quella giornata del 2004 in cui i carabinieri riuscirono a porre fine ad un incubo che aveva terrorizzato l’Italia nei mesi precedenti: un uomo che assomigliava a Luciano Liboni, soprannominato dalla stampa “il Lupo”, il latitante protagonista di una lunga serie di delitti e fughe rocambolesche, venne segnalato ad alcuni vigili urbani nella tarda mattinata del 31 luglio. Bellucci e Palmas, carabinieri motociclisti che si trovavano nei pressi del Circo Massimo per una serie di controlli, furono subito allertati e in pochi minuti raggiunsero l’uomo, che si aggirava a piedi in zona, da solo. Era proprio lui. Liboni, che nei giorni precedenti aveva ucciso a sangue freddo l’appuntato scelto Alessandro Giorgioni durante un controllo, appena si accorse della presenza dei carabinieri esplose contro di loro quattro colpi di pistola. Poi puntò una turista francese di passaggio, in vacanza in Italia con la famiglia, e la prese in ostaggio minacciando di ucciderla. In un successivo conflitto a fuoco con i carabinieri, Liboni venne ferito gravemente e morì dopo il ricovero in ospedale. “In quel momento – spiega Bellucci – non pensammo alle possibili conseguenze, volevamo solo a fare il possibile per fermarlo. Dopo aver sequestrato la donna, Liboni si diresse verso un chiosco di cocomeri. Ci disse: io morirò ma voi morirete con me, e subito dopo ci sparò nuovamente dei colpi di pistola. Rispondemmo entrambi al fuoco”. Un attimo di distrazione fu fatale al “Lupo”: mentre esplodeva dei colpi contro Bellucci, venne centrato dall’arma di Palmas e la donna presa in ostaggio fu liberata. A 13 anni di distanza, una nuova caccia all’uomo, altrettanto difficile e pericolosa: “Speriamo che lo prendano presto. Non sarà facile – osserva Bellucci – perché il latitante conosce bene quel territorio. Ci vorranno pazienza e tanta attenzione”.

(foto tratta dal film Il Lupo del 2007, di Stafano Calvagna con Massimo Bonetti)

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