Arditi contro, storia del Fascio romano e della lotta armata che tornerà nei ’70

8 Apr 2017 20:59 - di Redazione

Senza l’arditismo non ci sarebbe stato il fascismo. L’aristocrazia delle trincee reduce dal primo conflitto mondiale, si sentiva legittimata a superare – con i moti rivoluzionari – il vecchio e disprezzato sistema liberale. Questo il succo del dibattito nel corso del quale a Roma è stato presentato il nuovo libro di Andrea Augello, Arditi contro. I primi anni di piombo a Roma 1919-1923 (ediz.Mursia). 

Il prefatore del libro, Gianluca di Feo, ha osservato che si tratta di pagine indispensabili anche per conoscere meglio Roma attraverso una gepolitica dei quartieri in cui si incardina il conflitto tra il Fascio romano di combattimento fondato da Mario Carli e gli Arditi del Popolo, guidati da un ex combattente divenuto “sovversivo”, Argo Secondari. Nomi accanto ai quali troviamo molti altri personaggi, noti e meno noti, e destinati a prendere strade diverse, come il Pietro Nenni diciannovista che applaudiva l’assalto al giornale Avanti!. 

Gaetano Quagliariello si è soffermato sull’importanza del libro per comprendere quanto la Grande Guerra abbia influito sull’intero Novecento perché l’interventismo è fondamentale sia per capire il fascismo che l’antifascismo, mentre Giuseppe Parlato ha sottolineato come i primi fascisti romani fossero in disaccordo con la normalizzazione del fascismo poi attuata da Mussolini. A Roma si gioca insomma una partita mai indagata in profondità. Ma soprattutto il libro restituisce, evento dopo evento, il clima di contrapposizione e di scontro armato che fa nascere l’interessante parallelismo con i “secondi anni di piombo”, quelli degli anni Settanta. A tale proposito Annalisa Terranova ha evidenziato come alcuni episodi raccontati nel libro, l’eccidio di via Nazionale del 1919 e l’omicidio dello studente Carlo Grella del 1922, ricalchino modalità simili agli agguati subiti dai giovani missini cinquanta anni dopo. 

Andrea Augello ha spiegato di essere rimasto molto colpito dalla foto di Giuseppe Bottai soldato della Prima guerra mondiale: “Ci ho visto mio nonno e i nonni di tanti che poi avrebbero fatto scelte simili alle mie. Così ho voluto dare un volto anche agli altri primi fascisti, ho voluto raccontare come proprio in quel cruento periodo nascano cose che torneranno nei decenni successvi, gli espropri proletari, le lotte studentesche, l’omicidio politico, il terrorismo, e persino l’ammirazione per il Sinn Feinn che il Fdg ripenderà anni dopo. Una storia di lotte tra giovanissimi che furono soldati politici, la cui dialettica è intrisa di violenza. Una storia che finisce quando Sandro Pertini si reca al capezzale di Paolo Di Nella nel 1983″. 

“E’ vero – ha concluso Giuseppe Parlato – impressiona il fatto che le vicende raccontate in questo libro da un lato affondano le loro radici nel mito del Risorgimento come rivoluzione incompiuta e dall’altro pongono le basi per l’avventura cui daranno vita i missini nel 1946″. In mezzo ci sono loro: gli arditi che diventeranno i primi fascisti, ma anche le loro donne, come la battagliera Ines Donati o come Piera Fondelli, che muove i primi passi nel Fascio romano per divenire poi comandante delle Ausiliarie della Rsi. 

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