Terrorismo, ecco chi fa proselitismo fra gli immigrati, in carcere e sui campi
Rivelazione choc del procuratore capo di Catania sul rischio di radicalizzazione del terrorismo al Comitato Parlamentare Schengen: c’è attività di proselitismo fra gli immigrati, sia in carcere, sia sui campi dove il caporalato riversa migliaia di extracomunitari come manodopera per coprire la domanda di lavoro nero a basso costo.
«Fenomeni di radicalizzazione al terrorismo sono stati registrati in un momento successivo all’ingresso in Italia da parte dei migranti e lo registriamo nell’ambito della popolazione carceraria», rivela il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro chiamato in audizione al Comitato Schengen. Confermando così che, in Italia, di fatto, stiamo allevando terroristi fra gli immigrati sbarcati.
«Ci giungono segnalazioni molto concrete di fenomeni di reclutamento -ha aggiunto l’alto magistrato – di radicalizzazione che vedono come promotori alcuni dei migranti che sono stati arrestati per avere commesso degli illeciti e che, a loro volta, tentato di fare proselitismo nelle carceri».
«Altro fenomeno di radicalizzazione – incalza Zuccaro aprendo un fronte di rischio e preoccupazione – lo registriamo in altri centri in cui viene utilizzata la manodopera dei migranti nelle attività agricole delle serre, e mi riferisco soprattutto al territorio del Ragusano dove avviene il cosiddetto
“caporalato“. In quei luoghi vi sono diverse serre in cui vengono utilizzati i migranti e alcuni di loro ci risulta abbiano avuto contatti con soggetti che poi sono risultati, più o meno, collegati con organizzazioni terroristiche».
Proprio a metà gennaio la Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali del Senato era andata in missione istituzionale a Ragusa per tutta una serie di accertamenti volti a fare luce nell’ambito del filone d’inchiesta sul caporalato e sulle condizioni di lavoro in agricoltura che, proprio nel ragusano, vede impiegati nei lavori nelle serre, soprattutto tunisini e rumene pagate intorno a 20 euro al giorno per lavorare anche 14 ore. Una forma di sfruttamento pesantissima sulla quale si innestano facilmente fenomeni di proselitismo.
«Quello che noi riteniamo – ha evidenziato il procuratore di Catania– ma sul punto non abbiamo indicazioni documentali certe, è che una parte dei proventi del traffico dei migranti clandestini finisca nelle mani di soggetti che operano e che hanno organizzazioni militari o paramilitari. Quindi non si possono escludere anche organizzazioni che siano collegate con il mondo del terrorismo».