Terrorismo a Venezia, i frutti avvelenati del Kosovo piantati dall’Occidente

30 Mar 2017 16:19 - di Annamaria Matticari

I tre kosovari arrestati a Venezia sono Fisnik Bekaj, Dake Haziraj e Arjan Babaj, non è stato invece diffuso il nome del quarto, il minorenne. “Gli arrestati avevano plaudito – hanno spiegato gli investigatori – in particolare all’attentato di Londra. Quanto ai rischi che si sarebbero corsi a Venezia, hanno invece sottolineato che la cellula jihadista non sarebbe stata in grado di colpire, proprio perché attenzionata. Nel corso delle perquisizioni sono state trovate alcune pistole, di cui si sta ora valutando se siano vere o pistole giocattolo, ma il procuratore Adelchi D’Ippolito ha sottolineato che, comunque,” l’elemento delle armi per i terroristi del tutto secondario in quanto il modus operandi è quello di procurarsi le armi o l’esplosivo alla vigilia dell’azione terroristica”. E per trovare le radici di questo radicalismo occorre risalire all’intervento dell’Occidente contro la Serbia e in difesa dei musulmani.

In Kosovo l’Occidente difese gli islamici

“Tutta l’area balcanica e quindi anche il Kosovo desta grande preoccupazione, in quanto il seme dell’integralismo è stato largamente diffuso da molti anni in quelle zone e ora se ne colgono purtroppo i primi frutti avvelenati”. È quanto sottolinea il generale Leonardo Tricarico, già capo di stato maggiore dell’Aeronautica militare e presidente della fondazione Icsa, Intelligence Culture and Strategic Analysis, a proposito dell’azione antiterrorismo che ha portato a Venezia alla scoperta di una cellula interamente composta da kosovari. “Bisognerà fare molta attenzione – avverte Tricarico – e porre in essere tutti i provvedimenti possibili. Per fortuna, si può sfruttare il fatto che, diversamente da tante regioni in Medio Oriente, nei Balcani non ci sono Stati falliti ma le entità istituzionali sono tutte in piedi. E inoltre, ci sono ancora nostre forze militari presenti sul territorio e ad esse si può fare riferimento per un’attività di controllo, di prevenzione e di repressione”. Per il presidente dell’Icsa, “quello suonato a Venezia è un campanello d’allarme soprattutto per chi si fosse ultimamente un po’ distratto, perché – spiega Tricarico – che l’area balcanica debba destare preoccupazione gli esperti lo sanno da tempo. La situazione è critica e occorre mantenere sempre la guardia alta”. Quanto in particolare al Kosovo, “la ferita nei rapporti tra Serbia e Albania resta ancora aperta: la Nato sta vigilando con grande attenzione”. Le cose non stanno proprio così: i nostri stessi militari sapevano benissimo che tra le bande dell’Uck kosovara si annidavano terroristi e delinquenti, ma la ragion di Stato è stata più forte  del buon senso, e il risultato dell’intervento contro la Serbia è che oggi abbiamo due Stati musulmani a pochi chilometri da noi. 

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