Tarchi: attenti agli odiatori dell’identità, vogliono il dominio del pensiero unico
Nel suo editoriale sull’ultimo numero di Diorama letterario, dedicato ai nemici del concetto di identità, il politologo Marco Tarchi sottolinea che si va organizzando una vera e propria “campagna” contro questa “scomoda nozione” ormai resa responsabile “di ripiegamenti, di chiusure, di discriminazioni, di ostacoli all’integrazione di quella massa di immigranti di cui si vorrebbe fare il cemento, o il lievito, di una nuova umanità dal profilo frastagliato e indecifrabil”.
Chi sono i nemici dell’identità
Tarchi cita il quotidiano Le Monde, che si è fatto portavoce di “quegli intellettuali che vogliono uscire dalla trappola identitaria”. “Il tono della denuncia è senza appello – scrive Tarchi – Il termine più impiegato per accompagnare il concetto sotto accusa è ossessione, ma c’è chi non se ne accontenta. Guy Sorman, già noto per il suo oltranzismo da ayatollah del liberalismo, preferisce parlare di orrore, ma non disdegna di ricorrere alla metafora della febbre, al più scontato mito, e non rifugge neppure da un’espressione ancora più forte come terrorismo identitario – per lui ovviamente plausibile, dal momento che ci troveremmo di fronte ad un “discorso identitario” che funge da “maschera del razzismo e della xenofobia” e “domani autorizzerà i rastrellamenti e le espulsioni”. Il filosofo Michel Serres preferisce parlare di “errore logico e crimine politico”, ma l’effetto non cambia”.
L’argomentazione prediletta dai nemici dell’identità e fautori della “mescolanza” è che il concetto si riferirebbe a qualcosa che non è concreto, che sarebbe solo “un fastidioso fantasma”, perché le identità evolvono con la storia.
“Questa obiezione – ribatte Tarchi – nulla toglie però ad un elemento di realtà non meno irrefutabile, e cioè che nel corso della storia gli individui hanno costantemente mostrato una tendenza ad aggregarsi e a creare codici di riconoscimento reciproco – e di esclusione degli estranei – intorno ad una serie di referenti sia concreti che simbolici che dessero loro la sensazione di co-appartenere ad una o più precise entità plurali. Si sono, insomma, voluti pensare come comunità e come popoli”.
Lo scopo è di disgregare le comunità
In definitiva, per Tarchi, chi odia l’identità è più pericoloso di chi la sbandiera per mascherare propositi razzisti. Lo scopo degli odiatori dell’identità è infatti “decostruire le specificità, disgregare le comunità, uniformare, isolare i singoli dai potenziali poli di aggregazione, renderli soggetti a una deriva – questa sì – che ha come punto d’approdo un orizzonte cosmopolita dominato dal dogma dell’universalismo”. Una deriva cui è necessario opporre il diritto alla differenza e il “diritto di ogni popolo e di ogni cultura a mantenere e rafforzare la propria specificità”.