Europa, democrazia contro le lobby: tesi a confronto al convegno di FdI
Non è un inno euroscettico, quello che si leva dal palco della manifestazione di Fratelli d’Italia al teatro Angelicum di Roma nel giorno delle celebrazioni imbalsamate dei 60 anni dai Trattati che hanno dato vita alla Comunità europea, ma la fotografia di un fallimento annunciato. Esperti, economisti, giornalisti e politici, anche un pirotecnico Vittorio Sgarbi, da diverse prospettive hanno puntato i riflettori sulla «follia» di un’Europa costruita al contrario, trainata dall’economia e dalla grande finanza che ha annullato il principio di sovranità e di democrazia polverizzando gli Stati nazionali. Apre le riflessioni Marcello Veneziani che parla di peccato originale dell’Unione europea, perché fu immaginata e costruita un’Europa economica affidata alla regia degli Stati Uniti, prima di quella politica. Un capovolgimento di senso che ha costruito l’attuale Unione europa, ridotta oggi a «concessionaria locale della globalizzazione» nella quale la finanza da strumento è diventato l’obiettivo.
Gli interventi e il peccato originale
Daniele Fusaro ha descritto l’Europa di Bruxelles come la prateria delle élite economiche di faccendieri che hanno distrutto gli Stati sovrani nazionali annullando le grandi conquiste sociali del 900. Architetti del mondialismo – li chiama lo studioso di origine marxista – che hanno messo in moto un progetto criminale con parole d’ordine che sanno di truffa, come la privatizzazione che si è rivelata un saccheggio sistematico del patrimonio culturale degli Stati. Quello che manca all’Ue, oltre a una comune politica internazionale e una difesa dei suoi confini, è soprattutto l’assenza della coscienza di un destino comune. La cessione di sovranità nazionale a un organismo apolide, la prevaricazione del mercato sullo Stato, la sottomissione della politica, i destini dei popoli sacrificati all’altare delle banche, l’incapacità di garantire l’identità specifica di fronte ai pericoli del fenomeno di islamizzazione, la rinuncia al cristianesimo come fulcro della coscienza europea: questo il filo rosso anche degli interventi di Luciano Barra Caracciolo, Alfredo Mantovano («non ci rendiamo conto della nostra potenza, l‘Europa ha ricchezze di ogni tipo ma non ha i nervi saldi»), Gaetano Quagliariello che ha puntato i riflettori sul recupero dell’identità comune e della sovranità, che con l’Ue non è stata trasferita ma è evaporata. «Senza recuperare le tre colline di Atene, Roma e Gerusalemme non c’è futuro». Gennaro Sangiuliano si è concentrato sul deficit di democrazia delle istituzioni europee perché non hanno un legame di sovranità con i cittadini. «Siamo in presenza di uno spodestamento a causa di un potere neutro che non può governare i processi». Gian Micalessin, giornalista e inviato di guerra, ha puntato i riflettori sulla aberrante politica estera dell’Europa nelle aree di conflitto soffermandosi sul silenzio criminale di fronte alla persecuzione dei cristiani. Quella europea è una politica che mette in ginocchio l’Italia, che non fa gli interessi degli Stati ma resta al servizio degli Stati Uniti. Un esempio? La firma imposta dalla Corte europea dell’embargo alla Siria che ha cancellato due miliardi di scambi commerciali.
Ripartire dall’orgoglio sovrano
Giulio Tremonti ha fotografato un’Europa “a piramide rovesciata”, indifferente ai destini dei popoli, ridotta a un’interconnessione di egemonie industriali. Durissima la critica alla moneta unica che, per la prima volta nella storia, è priva di un governo. La sfida è tra chi teorizza che il mercato debba prevalere sullo Stato o viceversa, tra chi vuole svendere il patrimonio storico culturale e chi no, tra chi vuole difendere gli agricoltori e chi pensa alla lunghezza dei cetrioli, tra chi vuole farsi valere e chi vuole sottomettersi. Per ripartire non serve il restyling degli acronimi europei – ha detto l’ex ministro dell’Economia – ma tornare al modello antico della confederazione e sventolare la bandiera dell’orgoglio sovrano. Fabio Rampelli si è concentrato sulla necessità di rifondare l’intero meccanismo anti-democratico dell’Unione europa che sacrifica gli interessi nazionali e mette sul lastrico famiglie, imprenditori, ambulanti inghiottiti dalla concorrenza delle multinazionali. «Il il 25 marzo 1957 si dava vita a mercato unico europeo con la prospettiva di un’Europa politica che non è mai arrivata. Questa Europa non è un dogma – ha detto il capogruppo di Fratelli d’Italia – noi crediamo in un’altra Europa e per costruirla occorre rinegoziare i trattati, a partire dai debiti nazionali, mettere in discussione le direttive, a partire dalla Bolkestein». Presenti alla manifestazione di Fratelli d’Italia anche Giovanni Toti, che ha giudicato l’evento di Fratelli d’Italia l’unico idoneno per “celebrare” un’Europa che ci costa 600mila euro l’ora, e il leghista Giancarlo Giorgetti che ha invitato a invertire la rotta per ascoltare i popoli, le culture di appartenenza, le terre di origini, i confini. «Il popolo si sta risvegliando, sarà un processo inevitabile, anche se non sarà facile».