“Repubblica” ora teme il ritorno della destra: «I veri populisti stanno lì»
«S’ode a destra uno squillo di tromba; a sinistra risponde uno squillo: d’ambo i lati calpesto rimbomba da cavalli e da fanti il terren». Occorrerebbe davvero l’estro del Manzoni per descrivere il disorientamento che agita il Pd, passato nel giro di poche settimane da lepre a inseguitore, con ottime possibilità di perdere anche la seconda posizione a vantaggio di un centrodestra tornato (se unito) competitivo. In realtà, la vera difficoltà del partito di Renzi sta nel dotarsi di codice interpretativo con cui decifrare l’attuale situazione politica. Finora, la rivalità con il M5S è stata consumata, con insuccesso, lungo la linea di demarcazione riformismo-populismo. Uno schema già obsoleto dopo le aperture ai Cinquestelle di Michele Emiliano, che insieme ad Andrea Orlando contende la leadership del Pd a Renzi. Ma che rischia di diventare addirittura fuorviante se si considera che la riemersione del centrodestra dall’area della marginalità elettorale fa già riaffiorare le antiche e mai sopite pulsioni della sinistra verso quel mondo. Se populista è Grillo – ragionano – a maggior ragione lo sono Berlusconi, Salvini e la Meloni. Squilli di tromba da ambo le parti, con il Pd che rischia di ridursi al «calpesto terren» di manzoniana memoria. Di tanto almeno sembra essere convinto il politologo Piero Ignazi in un commento su Repubblica, nel quale scommette sul ricompattamento del centrodestra a dispetto delle sue attuali tensioni. Il recente incontro tra Berlusconi e Salvini ne è autorevole indizio. «La destra – ha scritto Ignazi – riesce sempre a serrare le fila quando le si agita di fronte il nemico. Anche perché quello che unisce le sue anime è molto solido». Il mastice, spiega Ignazi, è «la koinè populista-plebiscitaria», ragion per cui, secondo il politologo, «lascia interdetti l’ingenuità di chi considera Forza Italia espressione di una visione moderata inconciliabile con la Lega». Dall’analisi, insomma, sembra emerge un implicito invito al Pd ad affrontare prioritariamente la destra risorgente per evitare di combattere contemporaneamente due populismi, quello grillino e quello berlusconiano. Una sfida proibitiva in cui il Pd sarebbe destinato a fare il vaso di coccio tra i due vasi di ferro, di cui si parla nei Promessi sposi. A proposito, ma non è che anche Manzoni era populista?