Palermo, condannati tre africani scafisti: fecero morire 300 persone
Organizzavano il traffico di esseri umani, uomini, donne e pure bambini, dalla Libia alle coste della Sicilia. Uno dei loro avrebbe fatto anche lo scafista. Ecco perché oggi il gup di Palermo Fabrizio La Cascia oggi ha condannato i tre trafficanti. La pena più alta è stata inflitta a Mohamed Diallo, originario del Mali, condannato a 6 anni e mezzo di carcere e a una maxi multa sa un milione e 600mila euro. Salou Cande, della Guinea, è stato condannato a tre anni e 40 giorni e 14mila euro di multa. Mentre, Ebrima Touray, del Gambia, è stato condannato solo per spaccio di droga a tre anni e 4 mesi e 16mila euro di multa. Il processo era nato dall’inchiesta Zodiac, coordinata dal Procuratore aggiunto Maurizio Scalia e dai pm Alessia Sinatra e Geri Ferrara. Gli imputati sono accusati, tra l’altro, di avere organizzato “il viaggio della speranza” del febbraio 2015 in cui persero la vita 300 persone. In quella occasione solo 29 cadaveri vennero recuperati.
I tre africani organizzavano viaggi dalla Libia
I tre sono accusati di avere intrattenuto contatti con “i trafficanti operanti nel territorio africano, al fine di predisporre la ricezione dei migranti che giungevano clandestinamente in Italia attraverso i barconi partiti dalla Libia verso la Sicilia” e di avere messo “in contatto i migranti giunti sul territorio nazionale con i loro
familiari (sia in Italia che all’estero)”. Non solo. Avrebbero anche curato “tutte le attività logistiche, incluso il trasporto e gli eventuali soggiorni intermedi dietro pagamento di somme di denaro di circa 1.100 dollari per il vitto e l’alloggio e di circa 1200 dollari per il trasporto per ogni singolo migrante”. Gli imputati sono accusati di avere organizzato il “trasporto di stranieri all’interno del territorio dello Stato Italiano, ed in particolare dopo avere i viaggi dalla Libia verso la Sicilia, ne curavano la ricezione direttamente sul territorio nazionale ovvero ne favorivano la fuga dai centri di accoglienza ove gli stessi venivano trasportati dalle forze dell’ordine dopo lo sbarco, anche al fine di procurarne illegalmente l’ingresso in territorio di altro Stato, soprattutto nel Nord Europa, di cui non erano cittadini né avevano altro titolo di residenza, finanche organizzandone il trasporto e fornendo tutte le strutture logistiche per il loro trasferimento, dietro pagamento di somme di denaro differenziate a seconda del tipo di ”servizio” offerto”, come avevano detto gli inquirenti nel fermo.