Mattarellum della discordia: la faida nel Pd “sequestra” la legge elettorale
Si scrive Mattarellum, si legge congresso del Pd. Difficile contestare quel che la forza dell’evidenza certifica ormai giorno dopo giorno: sulla legge elettorale Matteo Renzi sta giocando una doppia partita. La prima, interna, rivolta alla base del partito cui piace il sistema elettorale che reca la firma dell’attuale presidente della Repubblica; la seconda, che ha per destinatario proprio Mattarella, cui Renzi vorrebbe far credere di aver fatto tutto il possibile per «armonizzare», come richiesto, le leggi elettorali di Camera e Senato.
I renziani sbandierano il Mattarellum
Ma poiché, intimamente, Renzi è convinto che l’unica cosa da fare consista invece nell’estensione , salvo ritocchi, al Senato della sentenza partorita dalla Corte Costituzionale per l’assemblea di Montecitorio con tanto di liste bloccate, il primo “concorrente” che vuole eliminare dalla scena è proprio quel Mattarellum che i suoi sbandierano come la migliore soluzione possibile. Per conoscere la verità non bisognerà attendere molto: «Si va in Aula alla prima settimana di maggio», ha fatto sapere il renziano presidente dei deputati Pd, Ettore Rosato, al termine della conferenza dei capigruppo alla Camera. Che sul Mattarellum ci sia puzza di bruciato lo conferma Pier Luigi Bersani, già leader del Pd e dopo la scissione parlamentare del Mdp: «Noi siamo pronti a votare il Mattarellum tutte le ore del giorno e della notte. Questo deve essere chiaro. Dopodiché vediamo invece che c’è un trucchetto, si vuol mandarlo a sbattere questo Mattarellum, col rischio poi di non fare nulla. Noi non abbiamo il prosciutto sugli occhi».
Ma Bersani non abbocca: «Il trucco c’è»
Guardia alzata anche nel Pd: «Insistere sull’opzione esclusiva del Mattarellum, come ancora in queste ore fa il capogruppo Rosato – hanno scritto in una nota i senatori che sostengono la candidatura di Andrea Orlando al congresso – significa portare di fatto nella palude ogni seria possibilità di approvare una legge elettorale che corrisponda a quanto ha autorevolmente chiesto anche il presidente della Repubblica». «Paghiamo lo stop and go imposto dal congresso del Pd, dove tra l’altro stanno votando quattro gatti, e questo è anche abbastanza ridicolo», polemizza a distanza Renato Brunetta. E questo – ha concluso il capogruppo di Forza Italia – non è più accettabile».