Enea Navarini, il generale eroico che Rommel volle con sé a El Alamein

22 Mar 2017 19:54 - di Antonio Pannullo

Oggi sono quarant’anni dalla morte del generale Enea Navarini, classe 1885, combattente di ben quattro conflitti, militare pluridecorato. A vent’anni Navarini era già ufficiale e come primo incarico partecipò alla guerra italo-turca del 1911. Allo scoppio della Grande Guerra, partì come capitano di fanteria, venendo ferito quattro volte e meritandosi, nel 1918, il grado di tenente colonnello per meriti di guerra. Alla fine della Prima Guerra Mondiale aveva collezionato tre medaglie d’argento al valor militare, tre di bronzo, due Croci al merito di guerra più vari encomi e riconoscimenti. Nel 1927 divenne colonnello e nel 1936 generale di brigata. In questi anni non si occupò mai di politica attiva, preferendo seguire la carriera militare. Partecipò alla Guerra d’Etiopia ricoprendosi di onore e guadagnandosi la Croce di cavaliere dell’Ordine militare di Savoia e venendo promosso, nel 1938, al suo ritorno in patria, generale di divisione. All’inizio della Seconda Guerra Mondiale andò in Albania con la sua divisione e partecipò alla Campagna di Grecia, dove si meritò una quarta medaglia di bronzo. Nel 1941 fu messo al comando del XXI Corpo d’Armata e raggiunse il fronte del nord Africa, dove conobbe il generale Erwin Rommel di cui divenne uno degli uomini di fiducia. Intanto aveva ricevuto una quarta medaglia d’argento. Rimpatriato il 12 ottobre 1942 per motivi di salute, non rimané a lungo a casa, perché Rommel chiese esplicitamente il suo ritorno nell’imminenza della seconda battaglia di El Alamein. Due settimane dopo Navarini ritornò al fianco della Volpe del Deserto. Dopo la sconfitta dell’armata italo-tedesca, nel corso della quale dovette affrontare tutta l’offensiva dell’Ottava armata inglese, rimase al comando delle truppe superstiti fino all’evacuazione del nord Africa. In Italia comandò il XIX Corpo d’Armata fino all’armistizio dell’8 settembre. Riuscì a raggiungere avventurosamente il Nord, dove aderì senza esitazioni alla Repubblica Sociale Italiana, diventandone il comandante del Centro di addestramento delle unità speciali. Terminata la guerra, fu sottoposto a procedimento di epurazione con la perdita del ruolo e del grado, ma già alla fine dell’anno fu prosciolto da ogni accusa e reintegrati nei ruoli e nel grado. Si spense all’età di 92 anni a Merano, dove aveva scelto di vivere i suoi ultimi anni. Tra i numerosi riconoscimenti, ebbe anche la Croce in Oro tedesca di I classe. Solo 14 di queste onorificenze vennero concesse a stranieri.

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