De Magistris, l’aspirante Masaniello che gioca alla rivoluzione sudista
Ora che le ceneri delle polemiche si stanno finalmente posando sulla macerie lasciate in quel di Napoli da antagonisti, black block e varia umanità sfasciante, è possibile riflettere su quanto possa diventare insidiosa al Sud la saldatura tra la disperazione seminata dalla crisi e la demagogia irresponsabile di un sindaco alla De Magistris. Vero è che i cimiteri abbondano di ammuinapopolo che si credevano rivoluzionari, ma è altrettanto vero che non si può imputare solo all’antipolitica dilagante se ora sono le istituzioni stesse a sfornare legioni di masanielli. Il chiassoso sindaco di Napoli, riuscito nell’incredibile impresa di veder devastata la città che amministra dai suoi sostenitori politici, è solo l’ultimo in ordine di apparizione. Ma di certo è quello che più e meglio di altri del suo genere lascia intravedere quanto possano risultare inversamente proporzionali ambizioni politiche e sensibilità istituzionale. Non succede tutti i giorni che un sindaco si trasformi in un arrevotapopolo solo per impedire ad un leader politico, Salvini in questo caso, di poter parlare liberamente come di solito avviene in democrazia. E che il giorno dopo la messa a ferro e a fuoco di un intero quartiere della sua città da parte di quelli che lui aveva chiamato a raccolta contro il leader leghista, lo stesso sindaco trovi la faccia tosta per scaricare su altri responsabilità solo sue. Ma che Napoli sia stata teatro di una cupa guerriglia urbana degna delle cronache degli “anni di piombo”, a De Magistris importa un fico secco. Lui punta ad occupare uno spazio politico miscelando disagio urbano, nostalgie borboniche, ansia di riscatto e manettarsimo giustizialista, il cui comune denominatore sono la crisi economica e l’insicurezza sociale. De Magistris voleva impedire a Salvini di scendere a Napoli, quindi al Sud, non in quanto leader di una forza che si richiama espressamente al Nord, ma solo perché ne teme la concorrenza negli strati sociali più colpiti dalla crisi. È un po’ quel che molti a sinistra pensano: sta emergendo una destra sovranista e protezionista che miete sempre più consensi in un elettorato disilluso, stordito, soprattutto post-ideologico. A Napoli, insomma, è andato in scena il primo scontro tra opposti antiglobalismi. E lo spettacolo, soprattutto per irresponsabilità di De Magistris, è stato tutt’altro che edificante. Un sindaco così andrebbe rimosso in ventiquattr’ore, ma non accadrà. C’è solo da sperare, come ha suggerito Giorgia Meloni, che paghi almeno i danni.