Carminati-show a Mafia Capitale: «Sono un fascista e me ne vanto»

29 Mar 2017 13:38 - di Francesca De Ambra

«Vecchio fascista sì, “arnese” dei Servizi mai». Ci tiene Massimo Carminati, il Nero di Romanzo Criminale, ex-terrorista dei Nar (Nucleai armati rivoluzionari) meglio noto come “er Cecato” per via di un occhio perduto nel corso di un conflitto a fuoco con i carabinieri, a precisare di aver gestito il proprio curriculum criminale in perfetta autonomia senza mai prestarsi ai giochetti di barbe finte e 007. E avrà senz’altro le sue ragioni a farlo nella veste di imputato principale (l’altro è il “rosso” Salvatore Buzzi) nel processo “Mafia Capitale“.

Carminati: «Processo ridicolo»

Un processo, anzi un maxiprocesso che Carminati, interrogato oggi in collegamento in videoconferenza dal carcere di Parma, nell’aula bunker di Rebibbia, non ha esitato a definire «una cosa ridicola» dopo un esordio è da fermo immagine il suo esordio: «Sono un vecchio fascista degli anni ’70, sono contento di essere così, di essere quello che sono. Mi offendo quando mi dicono che sono dei servizi segreti». Le risposte di Carminati sono arrivate in un’aula bunker affollata come non mai. Tanti i curiosi, spinti soprattutto dalla voglia di capire che cosa ci sia di veramente “mafioso” in questa brutta storia di ordinaria corruzione capitolina. Ma anche di capirne di più sui «mondi di sopra, di sotto e di mezzo» di cui Carminati e Buzzi parlavano ignari delle intercettazioni degli investigatori. E Carminati non si fa pregare. Lui, spiega, appartiene «al mondo di sotto», quello degli «onesti».

«Non ho mai conosciuto Alemanno»

Niente a che vedere con i «sòla» dei piani alti. «Noi abbiamo solo tre comandamenti ma li rispettiamo, le anime belle di sopra ne hanno dieci ma non ne rispettano neanche uno». Il riferimento è a lavori eseguiti in un campo nomadi e mai pagati dalla giunta Alemanno: «La prova che non conosco Alemanno e Antonio Lucarelli (all’epoca capo della segreteria del sindaco, ndr) – ha detto Carminati – è proprio questa». Il che non fa una grinza sotto il profilo logico, della verità storica e di quella processuale. C’è il tempo anche per spiegare i soldi in nero ricevuti da Buzzi, definito «grande imprenditore»: «Lo facevo per non pagare i danni alle parti civili cui ero stato condannato nei vari processi». Solo per il furto del caveau al tribunale di Roma, ha ricordato, deve ancora risarcire danni 20 miliardi (di lire, ndr). «Non dico che sono una “mammoletta” ha infine ammesso – ma se fossi quello che dicono sarei Superman». Logico anche questo.

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