Veneto, all’asilo “prima gli italiani”: la Regione approva le nuove regole
I bambini delle famiglie venete o che hanno la residenza in Veneto da almeno quindici anni avranno la precedenza negli asili comunali della regione. È quanto prevede una legge approvata dal Consiglio regionale sugli accessi ai servizi educativi per la prima infanzia.
Il voto al consiglio regionale del Veneto
La legge, presentata dai tosiani Maurizio Conte e Giovanna Negro, è passata con il voto favorevole, oltre che della Lista Tosi, di Lega, Lista Zaia e Fratelli d’Italia. Hanno votato contro Pd e M5s, mentre Forza Italia si è astenuta. «Riteniamo che vadano privilegiati quei cittadini che dimostrino di avere un serio legame con il territorio della nostra Regione», ha spiegato Giovanna Negro, presentando il testo in cui si legge che «hanno titolo di precedenza per l’ammissione all’asilo nido nel seguente ordine di priorità: i bambini portatori di disabilità; i figli di genitori residenti in Veneto ininterrottamente da almeno 15 anni o che prestino attività lavorativa in Veneto ininterrottamente da almeno 15 anni».
Forza Italia spiega l’astensione
Si ritrova nel «principio della legge» Forza Italia, che si è astenuta perché avrebbe voluto una clausola a tutela di chi, pur italiano, non ha la residenza o il lavoro in Veneto da 15 anni. «Il principio è corretto: prima i veneti e gli italiani», ha spiegato Elena Donazzan, esponente azzurra e assessore regionale all’Istruzione. «Noi di Forza Italia abbiamo deciso di astenerci – ha aggiunto – perché avremmo voluto una tutela per determinate categorie che magari arrivano in Veneto per ragioni di servizio e si trovano escluse dal criterio della residenzialità». Per chiarire i rischi che avrebbero voluto fugare, gli esponenti di Forza Italia hanno fatto un esempio concreto: «Il carabiniere che viene trasferito qui per servire lo Stato, ma che si trova penalizzato da quel criterio. Purtroppo l’ordinamento impedisce di dire “prima gli italiani”, ma si sarebbero potute riservare delle quote a queste categorie cui ci sentiamo particolarmente legati». Il Pd ha votato contro parlando di scelta «ideologica» e «sbagliata».
Il rischio che la Consulta dica no
Il riferimento della Donazzan all’«ordinamento» rimanda ai precedenti in cui gli enti locali hanno tentato di dare una priorità agli italiani nell’accesso ai servizi del welfare e non solo. La Corte costituzionale ha più volte bocciato il requisito della cittadinanza, giudicandolo incostituzionale. È accaduto, per esempio, per l’assegnazione delle case popolari, per le graduatorie delle scuole per l’infanzia, per gli sconti sugli autobus e anche per il servizio civile. E ora, in relazione alla nuova legge veneta, c’è chi si augura che la Consulta bocci anche il principio di residenza, di fatto togliendo agli amministratori (ma in questo caso anche ai legislatori) qualsiasi strumento consenta loro di assolvere al proprio mandato politico.