Morì dopo un allenamento in palestra: tre imputati, processo a rischio
Non solo i processi a i pedofili, in Italia sono tanti i procedimenti a rischio a causa della lentezza della macchina della giustizia. «Abbiamo paura che arrivi la prescrizione e che Giuseppe non avrà mai giustizia. Non possiamo permetterlo». A parlare, con un filo di voce, è Tonina Di Grigoli, la mamma di Giuseppe Lena, lo studente di medicina che nel 2013 morì, dopo pochi giorni di coma, dopo un allenamento in una palestra di arti marziali a Palermo. Alla sbarra ci sono tre imputati, accusati di omicidio colposo, Giuseppe Chiarello, palermitano di 40 anni, Roberto Lanza, messinese di 27 anni, che si allenavano con Giuseppe, e Giuseppe Di Paola, palermitano di 59 anni e proprietario della palestra. Nella scorsa udienza, il giudice Vittorio Alcamo ha annunciato che non potrà continuare a seguire il processo. Così, il dibattimento è andato a un altro giudice, Giangaspare Camerini. Ma è proprio il gup che nell’ottobre del 2015 aveva rinviato a giudizio i tre imputati, quindi non può sostituire il giudice Alcamo. Insomma, Tonina Di Grigoli, che di professione fa l’avvocato, e il marito, Francesco Lena, che fa l’ingegnere, temono che possa succedere quanto accaduto a Torino, dove il giudice ha dovuto assolvere un pedofilo perché il reato era prescritto. E alla fine ha chiesto scusa al “popolo italiano”, oltre che alla piccola vittima. «Finora siamo sempre stati rispettosi delle indagini, senza mai creare polemiche – diceTonina Di Grigoli – Noi vogliamo solo la verità e chiediamo che chi ha responsabilità se ne assuma le conseguenze. Giuseppe non costituisca un’altra vittima del nostro sistema giudiziario, non voglio vendette ma solo giustizia. Abbiamo paura che arrivi la prescrizione…».
Un colpo contundente forse ha ucciso Giuseppe Lena
«Un giudice che fa un processo cosi delicato, non può lasciare il dibattimento”, dice la signora Tonina. La mamma di Giuseppe racconta, quindi, come ha appreso che sarebbe cambiato il giudice: «Arrivati all’udienza abbiamo saputo che il giudice è stato cambiato e il proseguimento del processo è stato affidato al dottor Camerini – racconta – E ora che succede? Si fermerà tutto? Abbiamo paura. Giuseppe non può più parlare, lo potrà fare solo attraverso noi, i suoi genitori». Nelle prime udienze sono stati sentiti alcuni testi, tra cui i poliziotti che hanno condotto le indagini e il professor Paolo Procaccianti, il medico legale che aveva eseguito l’esame autoptico e che ha parlato di un corpo contundente che aveva colpito il ragazzo durante l’allenamento. «Dovevano essere sentiti altri testi – racconta mamma Tonina -ma le notifiche non sono partite. Adesso ci hanno detto che il giudice Alcamo è stato trasferito e che il procedimento sarebbe stato assegnato al giudice Camerini che, però, si è dichiarato incompatibile perché aveva già assunto la titolarità di gip. E ora non sappiamo a chi va a finire il processo. La cosa grave è che ora loro vorranno ripartire, come attività, dall’inizio del processo. E il rischio per mio figlio è che non verrà mai condannato nessuno. Sono terrorizzata. Io sono una mamma alla ricerca della verità. Loro ci devono dire cosa è realmente successo in quella palestra, perché fin
dall’inizio sono stati effettuati dei depistaggi». Insomma, un ulteriore rinvio nel processo che si sta celebrando sul caso Lena, processo che dovrà chiarire tutti i punti ancora oscuri sulla tragica morte dello studente universitario di Cammarata, avvenuta lo scorso dicembre 2013 mentre il ragazzo si allenava nella
palestra New Center Body System in via Stazzone a Palermo.