Molnar: i metodi dei rivoluzionari del 1789 sono quelli dei “dem” di oggi

2 Feb 2017 15:02 - di Antonio Pannullo

Leggendo la nuova edizione del saggio di Thomas Molnar, La Controrivoluzione – Cronaca ragionata della Rivoluzione francese (Oaks editrice), ci accorgiamo che oggi l’Italia è in una fase prerivoluzionaria. Il libro uscì nel 1969 negli Stati Uniti e nel 1970 in Italia, pubblicato da Volpe, con la prefazione di Maurice Bardèche. Questa nuova edizione è prefata dallo scrittore Giuseppe Del Ninno, che affronta la questione in chiave attualissima, sottolineando gli aspetti del saggio di Molnar che sembrano scritti per la situazione politica attuale. Soprattutto, evidenzia Del Ninno, l’importante è egemonizzare i mass media. Ed è proprio quello che Molnar denuncia nel suo scritto, raccontando con linguaggio semplicissimo e chiarissimo, come oltre due secoli fa i philosophes, gli intellettuali dell’epoca, tramite un capillare e sistematico lavoro di demolizione, riuscissero in pochi decenni a screditare la chiesa, la monarchia, la nobiltà. E senza che queste reagissero in alcun modo. Anzi, in taluni casi si adattavano al pensiero corrente, seguendo il vento, simpatizzando per la causa di coloro che erano i loro peggiori nemici. Si videro marchesi con la coccarda tricolore applaudire i rivoluzionari ed essere ghigliottinati poco dopo. È una tecnica che sarà meglio teorizzata da Marx e Lenin, e praticata durante tutto il Novecento: è la famosa storia che se si calunnia qualcuno, e se la calunnia è ripetuta più volte per un certo tempo, essa diventa verità, e come tale non più confutabile.

Per Molnar i rivoluzionari sono credenti, spesso fanatici

Attualissimo, si diceva, il saggio dello scrittore ungherese emigrato in America ed esponente della corrente conservatrice degli intellettuali del suo tempo. La rivoluzione, diceva Molnar ha una sua utopia, che diventa una religione fanatica, e i suoi partigiani non sono solo attivisti, ma dei veri e propri credenti. Per questo spesso vincono. La controrivoluzione invece, non è stata in grado di creare utopie, ma può solo appellarsi all’ordine costituito, alla civiltà, al buonsenso, merce che non ha successo tra i fanatici. Lo stiamo vedendo non solo nel Novecento, ma proprio in questi giorni con la macchina del fango scatenatasi contro il legittimo vincitore delle elezioni americane Donald Trump, metodo che peraltro è già in uso con successo contro l’altrettanto legittimo presidente russo Vladimir Putin, accusato di ogni nefandezza di stampo dittatoriale. È chiaro che Putin, Trump, come la Le Pen o altri, siano considerati dai rivoluzionari in servizio permanente effettivo come reazionari, e che come tali vadano fermati con qualunque mezzo. È altrettanto chiaro che si tratta di una moda, e anche snob, ma questa moda, attraverso il lavorìo sistematico e paziente di cui abbiamo parlato prima, ha prodotto i suoi effetti su gran parte della popolazione. Va anche considerato che, come ai tempi della Rivoluzione francese, il chaier de doléance di ogni classe sociale sia infinito e – dice Molnar – è la somma delle insoddisfazioni che porta alla rivoluzione. Al sogno, insomma, la destra, la chiesa, i conservatori, non hanno saputo far altri che opporre il senso del dovere, la diligenza, lo spirito patriottico. Troppo poco. Come dice Giuseppe Del Ninno alla fine della sua prefazione: «La conclusione ci esorta implicitamente a volare alto, quando viene sottolineato che il compito del controrivoluzionario non ha mai fine, così come la Rivoluzione non smette mai il suo lavorìo: una visione militante, di cui troppi oggi sembrano aver smarrito la capacità».

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