Genova non vuole l’ultradestra. Il Pd: facciamo come nel 1960 contro il Msi
Diventa un caso politico a Genova il raduno delle formazioni dell’ultradestra previsto per l’11 febbraio. Tra i relatori attesi il leader di Forza Nuova, Roberto Fiore, l’eurodeputato del Partito Nazionaldemocratico di Germania Udo Voigt e i nazionalisti francese Yvan Benedetti e inglese Nick Griffin. Il governatore ligure Giovanni Toti ha detto che il convegno deve svolgersi in nome della libertà di espressione, anche se le idee di quei gruppi non sono condivisibili ma ha lasciato l’ultima parola al prefetto.
La posizione del sindaco
Non la pensa così il sindaco Marco Doria, che ha annunciato di avere contattato l’Anpi per organizzare una risposta “adeguata”. Il gruppo del Pd in Regione ha chiesto il divieto del raduno, azzardando però un paragone assurdo: “Genova non può ospitare alcun convegno fascista organizzato dalla destra estrema e xenofoba. Stiamo parlando della città Medaglia d’oro della Resistenza – sottolineano i consiglieri Pd – dove i fascisti si sono arresi ai partigiani e dove il 30 giugno 1960 una straordinaria rivolta di popolo ha impedito lo svolgimento del congresso del Movimento sociale italiano“. Un notevole salto logico, uno scivolone dialettico e storico.
I moti di Genova del 1960
Il Msi di cui si parla nel comunicato era una forza politica legale e legittimata dal voto popolare, a Genova era il quinto partito con oltre 24mila voti, quello di cui fu impedita la celebrazione era il sesto congresso di un movimento che alle politiche del 1958 aveva raccolto il 4,7% dei voti. Inoltre il Msi all’epoca, con la segreteria Michelini, stava avviando un faticoso processo di inserimento nel quadro istituzionale di cui l’appoggio al governo Tambroni era un passaggio decisivo. E proprio per far cadere quel governo e spianare la strada al centrosinistra la piazza di Genova fu mobilitata con conseguenze luttuose provocate dagli scontri tra manifestanti e polizia che si estesero anche ad altre città. L’evocazione dei disordini di Genova del 1960 non poteva pertanto essere più inopportuna. In ogni caso il capogruppo regionale del Pd, Raffaella Paita, cui abbiamo chiesto se non fosse opportuno evitare quel paragone, ha risposto: “Rivendico pienamente le parole del comunicato, i moti del ’60 sono stati un momento fondamentale della storia antifascista della città”.
Le parole di Bagnasco
Il tema del raduno sta diventando però a Genova talmente bollente che anche Angelo Bagnasco, arcivescovo della città e presidente della Cei, è intervenuto in merito: nazismo e fascismo – ha detto – “sono parole che richiamano situazioni ben gravi che tutti in un modo o nell’altro ricordiamo e che devono rimanere ben lontane dalla civiltà”. Bagnasco ha tuttavia sottolineato che la libertà di parola rimane “una libertà indiscussa, ma naturalmente nel rispetto dei diritti di tutti gli altri, singoli e sociali”. “Spero – ha concluso – che sia possibile conciliare la libertà di parola con quello che è il bene comune, proprio perché non venga meno il bene generale, l’ordine pubblico, la pace sociale”.