Donald Trump choc: “Putin un killer? Neanche l’America è innocente”

6 Feb 2017 8:29 - di Redazione
Se Vladimir Putin è un assassino, «neanche l’America è innocente». La frase-shock è l’ultimo tabù violato da Donald Trump. Alle quattro del pomeriggio del Super Bowl, davanti a un’audience record in occasione dell’evento sportivo più popolare. Trump propone una sorta di equivalenza morale fra gli Stati Uniti e i regimi totalitari. Accade nell’intervista a un giornalista amico. Bill 0’Reilly di Fox News, che la rete di Rupert Murdoch manda in onda all’inizio della super-partita. O’Reilly, da vecchio conservatore che non si rassegna a diventare filo-russo, incalza il presidente: «Putin è un assassino». La risposta di Trump: «Ci sono un sacco di assassini. Che cosa credi? Che il nostro Paese sia così innocente?». La sua conclusione: «È meglio andare d’accordo con la Russia, e se ci aiuta nella lotta contro il terrorismo islamico nel mondo intero, è una buona cosa», si legge su “la Repubblica“.
 
Trump fa arrabbiare anche i repubblicani
 
Le frasi su Putin provocano sdegno anche dentro il partito repubblicano. Il senatore Marco Rubio della Florida, che fu un rivale di Trump per la nomination repubblicana, sbotta: «No, qui da noi non avveleniamo gli oppositori. Non siamo uguali a Putin». Un altro senatore repubblicano, Ben Sasse, respinge «ogni equivalenza con i banditi omicidi che difendono il regime corrotto di Putin». L’editorialista Bret Stephens del giornale (conservatore) Thè Wall Street Journal scrive: «Mai nella storia un presidente degli Stati Uniti ha diffamato così il proprio Paese». Lo stesso Wall Street Journal decide di mettere in evidenza sul sito la vicenda di un proprio collaboratore russo in fin di vita per essere stato avvelenato dopo avere criticato il Cremlino.
 
Trump si allontana dallo stile di Reagan
 
L’antefatto è l’antica polemica dei repubblicani contro Barack Obama, accusato dalla destra di essere «il presidente che va in giro per il mondo a chiedere scusa a tutti». Lo criticavano per il suo vizio di ammettere errori, contraddizioni tra i valori proclamati dall’America e la realtà della politica estera, gli appoggi a regimi autoritari e liberticidi, gli orrori di Guantanamo e Abu Graib, ecc. Trump varca una soglia ben diversa, si pone su un terreno simile ai populismi europei di Orban, Farage, Le Pen, Grillo o Salvini: la sua frase su Putin suona come un “così fan tutti, noi compresi” ed è uno strappo anche rispetto al suo modello Ronald Reagan, che non avrebbe mai equiparato i valori dell’Occidente con quelli in voga a Mosca. 

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