Corea comunista, 40 anni di feroci omicidi perpetrati dal regime

15 Feb 2017 17:15 - di Redazione

Ha le tinte di una spy-story made in Corea del Nord quanto successo a Kim Jong Nam, fratellastro del leader di Pyongyang Kim Jong-Un, assassinato lunedì
mattina con uno spray velenoso mentre attendeva di imbarcarsi su un aereo per Macao all’aeroporto di Kuala Lumpur, in Malaysia. Naturalmente, il regime nordcoreano non ha commentato, ma secondo gli analisti, riferisce il Washington Post, l’omicidio ha tutte le caratteristiche di un ennesimo “colpo” messo a segno dalla Corea del Nord. Il regime totalitario non fa infetti mistero di come si sbarazza dei suoi nemici, a volte attraverso purghe tradizionali o esecuzioni, a volte attraverso misteriosi incidenti stradali in un Paese quasi senza traffico. E a volte con trame che renderebbero James Bond orgoglioso. Di seguito una lista degli omicidi o dei tentati omicidi degli ultimi 40 anni, associati al regime di Kim Il Sung e poi del figlio Kim Jong il. Il 21 gennaio del 1968 una squadra di commandos nordcoreani conosciuti come Unità 124 viene inviata in Corea del Sud con un compito: entrare nella Blue House presidenziale e uccidere il presidente Park Chung-hee. Ma quattro fratelli adolescenti sudcoreani, che raccoglievano legna da ardere nelle colline a nord di Seul, incappano nel gruppo di agenti che, sorprendentemente, invece di annientarli li persuadono delle virtù del comunismo e li liberano. Naturalmente i fratelli avvisano la polizia che inizia una massiccia caccia all’uomo, terminata con l’uccisione di quasi tutti i componenti del commando. Park Chung-hee, padre dell’attuale presidente Park Geun-hye, per vendicarsi ordina un raid di rappresaglia contro il presidente Kim Il-sung, che però non avvenne mai.

Omicidi commessi in tutto il mondo

Il 9 ottobre del 1983 tre agenti nordcoreani piazzano una bomba nel Mausoleo dei Martiri a Yangon, capitale del Myanmar, prima di una visita del presidente sudcoreano Chun Doo-hwan per deporre una corona di fiori. Ma il corteo del presidente ritarda e gli agenti erroneamente fanno esplodere la bomba pochi minuti prima del suo arrivo, uccidendo 17 funzionari della Corea del Sud, tra cui quattro ministri. Secondo gli esperti giapponesi e sudcoreani, l’attentato venne probabilmente progettato da Kim Jong Il, il figlio ed erede di Kim Il Sung. Nell’ottobre 1996 Choi Duk-Keun, un diplomatico della Corea del Sud di stanza nella città di Vladivostok, nell’estremo oriente russo, viene ucciso fuori dal suo appartamento e la causa ufficiale della morte attribuita a bastonate. Ma l’uomo aveva due piccoli fori sul corpo che suggeriscono l’iniezione di una sostanza. Nel corso dell’autopsia emerge che nel sangue aveva lo stesso tipo di veleno trasportato da un sottomarino della Corea del Nord che si era infiltrato acque sudcoreane e si era arenato nei pressi di Gangneung il mese precedente. Ventidue dei 26 uomini dell’equipaggio vennero uccisi e Pyongyang giurò vendetta. Nel febbraio del 1997 Yi Han-yong, cugino di Kim Jong Nam, viene assassinato con un colpo alla testa fuori dal suo appartamento a Bundang, appena a sud di Seul, da due uomini che si ritiene fossero agenti della Corea del Nord. Yi studiava in Svizzera nel 1982, quando decise di disertare in Corea del Sud. Inizialmente fece di tutto per nascondere la sua vera identità, cambiando il suo nome e sottoponendosi a chirurgia plastica, ma nel 1996, di fronte a problemi finanziari, iniziò a riconoscere i suoi legami familiari. Scrisse un libro, La famiglia Reale di Kim Jong Il e vendette la sua storia ai media di Seul. Nel 2009 si ritiene che Pyongyang abbia ordinato l’uccisione di Hwang Jang-yop, segretario del Partito dei lavoratori della Corea del Nord fino alla sua diserzione nel 1997, quando cercò asilo presso l’ambasciata di Seul a Pechino, diventando “il più alto in grado” nella scala della dissidenza dal Nord. Stando alle informazioni raccolte, due nordcoreani si dichiararono disertori chiedendo lo status di rifugiati, poi, una volta nel Sud, reclutarono tre sudcoreani per assassinare Hwang. Ma l’ex segretario, fortemente critico nei confronti delle politiche di Kim Jong-il e del suo governo, viveva sotto stretta sorveglianza e il complotto non andò a buon fine. L’uomo morì nel 2010 per cause naturali. Nel 2011 un disertore in Corea del Sud – in seguito sospettato di essere stato un agente segreto del Nord – venne arrestato per aver tentato di assassinare Park Sang-hak, un altro disertore che si era trasformato in un aperto critico del regime di Pyongyang. L’agente, identificato come An, aveva chiesto di incontrare Park a una stazione della metropolitana di Seul per ucciderlo con una penna avvelenata. Ma a Park arrivò una soffiata dal servizio di intelligence nazionale sudcoreano, che arrestò An.

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