Come cambia la strategia Usa sulla Siria: niente più soldi ai terroristi
Sarà un cambio di strategia radicale quello che l’Amministrazione Trump sta mettendo a punto per sconfiggere il sedicente Stato islamico in Siria. Il nuovo piano dovrebbe discostarsi nettamente nelle sue linee principali da quello ereditato da Barack Obama: in primo piano ci sarebbe la riduzione o la cancellazione del sostegno ai ribelli cosiddetti “moderati”, in realtà estremisti islamici, che combattono il legittimo governo di Assad e alle milizie curde dell’Ypg, finora usate proficuamente come braccio armato contro i gruppi jihadisti, ma che sono contrastate dalla Turchia. Trump, inoltre, ha espresso chiaramente l’intenzione di aumentare la potenza di fuoco degli Usa contro i militanti islamisti, aprendo all’ipotesi di inviare altre truppe oltre ai circa 500 uomini delle forze speciali che attualmente si trovano in Siria. Non solo. Il nuovo piano, che il presidente ha chiesto al Pentagono e alle altre agenzie per la sicurezza di elaborare entro la fine di febbraio, prevederebbe altre sostanziali novità. Oltre agli appelli lanciati da Trump per “nuovi partner della coalizione” anti-Isis, diretti in particolare alla Russia, il presidente ha anche auspicato una modifica sostanziale delle regole di ingaggio, al momento più severe di quanto richiesto dal diritto internazionale. Le più importanti riguardano una serie di restrizioni contenute in un ordine esecutivo firmato da Obama la scorsa estate e mirate a limitare il numero di vittime civili causate da attacchi aerei degli Stati Uniti. Funzionari di alto rango a conoscenza dei dettagli sostengono che l’obiettivo finale sia quello di concentrare il focus degli Usa nella lotta all’Isis e agli altri gruppi terroristici, mettendo in disparte tutto il resto.
Siria, c’è anche il nodo dei curdi
Uno dei nodi che a breve Trump dovrà sciogliere riguarda l’offensiva per liberare Raqqa, la “capitale” dell’autoproclamato califfato. La strategia inizialmente elaborata dal Pentagono prevedeva di armare i curdi dell’Ypg, che finora si sono rivelati, tra le forze sostenute dagli Usa, quella più efficace nella lotta all’Isis nel nord della Siria. Le milizie curde e un gruppo più piccolo di combattenti arabi, appoggiati dalla coalizione internazionale e da consiglieri delle forze speciali Usa, si trovano oggi a pochi chilometri da Raqqa, in attesa del via libera della Casa Bianca per lanciare l’attacco. Ma questo piano vede la forte opposizione della Turchia, che considera l’Ypg un’organizzazione terroristica diretta emanazione del comunista Pkk. Il governo di Ankara nutre forti aspettative nei confronti della nuova Amministrazione e auspica che Trump riveda il piano. In un incontro avvenuto a Monaco di Baviera lunedì il vice presidente Usa, Mike Pence, ha espresso al primo ministro turco, Binali Yildirim, la volontà degli Usa di aprire “un nuovo capitolo” nelle relazioni con la Turchia. La Turchia, dal canto suo, ha illustrato a Washington due piani diversi per liberare Raqqa. Entrambe le opzioni prevedono un coinvolgimento di truppe turche, degli Usa, di ribelli arabi siriani ma escludono l’Ypg. Inoltre, verrebbe creata una zona sicura nel nord del Paese, vicino al confine con la Turchia. La proposta, dal punto di vista politico, è molto allettante per l’Amministrazione Trump, che nelle scorse settimane ha lanciato l’ipotesi di creare zone sicure per i rifugiati siriani. Inoltre, potenzialmente, potrebbe spalancare le porte a una collaborazione con la Russia, i cui jet hanno già aiutato le truppe turche nell’operazione per riconquistare al-Bab. I piani della Turchia pongono anche sfide significative. Oltre ad aumentare la loro presenza sul campo di battaglia, gli Usa dovrebbero abbandonare una forza che ha svolto un ruolo di primo piano nell’eliminazione dell’Isis da gran parte del nord della Siria, accettando di sostenere al suo posto forze turche e arabe siriane sulle quali ci sono forti riserve. Una svolta di tale entità potrebbe anche significare un rinvio significativo dell’offensiva a Raqqa, inizialmente prevista questa primavera. Nelle ultime settimane, i gruppi armati di opposizione si sono lamentati del congelamento delle loro linee di rifornimento: non è chiaro se si tratti di una sospensione temporanea o se l’Amministrazione abbia già preso la decisione di tagliarli fuori.