La Turchia punta il dito sugli Usa: la Cia dietro la strage di Capodanno

5 Gen 2017 14:19 - di Guglielmo Gatti

Dietro la strage del locale Reina di Istanbul ci sarebbe la “mano” degli Stati Uniti. Ne sono convinti alcuni giornali e politici turchi vicini al presidente, Recep Tayyip Erdogan, che hanno tirato in ballo Washington per il massacro di Capodanno così come avevano fatto per il fallito golpe in Turchia del 15 luglio e l’omicidio dell’ambasciatore russo ad Ankara. Titoli e dichiarazioni, analizzati in un articolo del New York Times, che rendono bene l’idea del clima che si respira in Turchia all’indomani del massacro rivendicato dallo Stato islamico. «L’America è la prima sospettata», ha titolato un quotidiano filogovernativo che accusa esplicitamente gli Usa di essere gli artefici della strage. “Chiunque sia il killer, l’attacco al Reina è un atto della Cia. Punto”, gli ha fatto eco un deputato su Twitter. L’articolo del Nyt prosegue con l’analisi di articoli di altri quotidiani turchi che hanno puntato il dito, senza mezzi termini, contro gli Usa. In uno di questi si sostiene che gli Stati Uniti sarebbero stati al corrente dell’attacco alla discoteca sulla base dell’allerta emessa dall’ambasciata americana in Turchia ai propri connazionali pochi giorni prima della strage. Un altro articolo ha messo in evidenza che le granate stordenti utilizzate dal killer nel locale provenivano da
depositi gestiti dall’esercito Usa. Un giornale, infine, ritiene che l’attacco faccia parte di un complotto a stelle e strisce per fomentare divisioni in Turchia tra laici e religiosi. Lo stesso vice premier turco, Numan Kurtulmus, in un’intervista al quotidiano Hurriyet, ha ipotizzato, senza fare riferimenti espliciti, che “servizi di intelligence stranieri” potrebbero aver avuto un ruolo nella strage di Capodanno, considerata la “professionalità” del killer.

La Turchia accusa l’America di Obama

Secondo il Nyt, l’attacco di Capodanno, al pari degli altri episodi sopracitati, “non ha spinto la Turchia verso i suoi alleati della Nato. Al contrario, la Nazione, mentre attacca Washington, si avvicina a Mosca, collaborando con il presidente Vladimir Putin per un cessate il fuoco in Siria“. “Piuttosto che unire gli Stati Uniti e la Turchia nella lotta comune contro il terrorismo – ha proseguito il Nyt – l’attacco alla discoteca sembra aver accelerato l’allontanamento della
Turchia dall’Occidente in un momento in cui la sua democrazia si sta erodendo a causa della crescente repressione della società civile. L’Occidente, rappresentato dagli Stati Uniti, è il perenne spauracchio”. Ma mentre lanciano i loro strali contro l’amministrazione uscente di Barack Obama, accusandola di sostenere tutti i loro “nemici” – dai militanti curdi all’imam Gulen – contemporaneamente le autorità turche stanno anche mandando segnali di apertura al nuovo presidente Donald Trump. “Ci aspettiamo che la nuova Amministrazione metta fine a questa vergogna”, ha chiarito il primo ministro turco, Binali Yildirim, riferendosi al sostegno di Washington ai militanti curdi. Anche il vice primo ministro, Numan Kurtulmus, all’indomani delle dichiarazioni del ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, che ha parlato di una “crisi nel rapporto di fiducia” tra i due Paesi, si è detto ottimista su un miglioramento delle relazioni sotto Trump. “Attualmente abbiamo un rapporto teso con gli Stati Uniti ma non penso che sarà così a lungo. Credo che questa tensione presto si allenterà”, ha affermato
Kurtulmus in un’intervista.

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