Fino all’ultimo giorno Obama non accetta la sconfitta e attacca Trump
Fino all’ultimo giorno Barack Obama continua a spandere veleno su Donald Trump: “Lascio un Paese migliore e sarebbe sbagliato smontare le tante riforme realizzate nel corso dei miei due mandati”. Questo il senso della Lettera agli americani con la quale Obama traccia un bilancio della sua presidenza, a pochi giorni dall’avvicendamento alla Casa Bianca. Da un lato l’orgogliosa rivendicazione dei progressi fatti nel corso degli ultimi
otto anni, dall’altro un avvertimento al nuovo presidente, che ha già annunciato l’intenzione di smantellare molte delle riforme dell’èra Obama. Uno scontro importante, ma solo uno dei tanti. è sulla riforma sanitaria. Il presidente in carica ha incontrato ieri senatori e deputati democratici a Capitol Hill per mettere a punto un piano per la difesa dell’Obamacare. Allo stesso tempo il vicepresidente eletto Mike Pence si è riunito con i parlamentari repubblicani per delineare la strategia di attacco contro la riforma, che prevede una serie di azioni esecutive di Trump per avviare il processo. “Manterremo le promesse fatte al popolo americano. Abrogheremo l’Obamacare”, ha detto Pence ai giornalisti al termine dell’incontro. I repubblicani accusano Obama di aver fatto salire i prezzi delle assicurazioni sanitarie. Trump ha attaccato la riforma con una serie di tweet, definendola “un disastro”. Ma i democratici affermano che i repubblicani non potranno mantenere le parti più popolari della riforma se distruggeranno il resto e li accusano di non avere un piano alternativo.
Trump ha promesso che spazzerà via le riforme di Obama
E oggi Obama ha continuato in quella che è ormai solo propaganda sterile: “Otto anni fa, l’America affrontava un momento di pericolo come non si vedeva da decenni”, è l’incipit della lettera del presidente uscente. E “dopo otto anni intensi”, i tanti dossier scottanti lasciati sulla scrivania dello Studio Ovale da George W. Bush, dalla crisi economica alle guerre in Iraq e Afghanistan, alla minaccia del terrorismo, sono “stati affrontati”. Se il capitolo della sua legacy legislativa che più sta a cuore a Obama è la riforma sanitaria che prende il suo nome, l’Affordable Care Act, universalmente conosciuto come Obamacare, il presidente uscente ne rivendica il successo. “Per la prima volta, oltre il novanta per cento degli americani hanno un’assicurazione, la percentuale più alta di sempre”, sottolinea. E’ una risposta indiretta a quel “non funziona, costa troppo e fa schifo”, con il quale pochi giorni fa Trump ha liquidato la riforma. L’Obamacare, insieme a tanti altri provvedimenti messi in campo, è stato uno strumento prezioso per “ridurre le diseguaglianze” che dividono la società americana, sostiene Obama. Per questo – e stavolta la risposta a Trump si fa diretta – sarebbe sbagliato “togliere l’assistenza sanitaria a 30 milioni di americani, la maggior parte dei quali bianchi e appartenenti alla classe operaia”. L’elenco delle cose fatte, anche se “c’è ancora molto che avrei voluto fare”, come la legge sul controllo delle armi e una riforma di “buon senso” dell’immigrazione, passa per l’aumento del tasso di scolarizzazione tra i giovani e l’avanzamento dei diritti delle donne e dei gay, fino al progressivo disimpegno militare dall’Iraq e dall’Afghanistan, l’accordo sul nucleare iraniano, il riavvicinamento con Cuba e l’accordo sul Clima di Parigi. Nel passare in rassegna i suoi otto anni di presidenza, Obama non può non citare uno dei suoi più grandi successi, l’uccisione di Osama Bin Laden. Terroristi come lui, scrive, “sono stati spazzati via dal campo di battaglia”. Eppure, proprio sul fronte delle guerre mediorientali, la parola “Siria” non viene mai citata nella lunga lettera, così come non viene mai citato il conflitto israelo-palestinese. Nessuna citazione nemmeno per la Russia di Vladimir Putin, l’antagonista più coriaceo negli ultimi otto anni. Segno, forse, che questi aspetti della legacy di Obama sono da elencare tra i capitoli incompleti.