Donne contro Donald Trump? È solo un pretesto antidemocratico
La democrazia è bella ma quando «vinciamo noi» è ancora più bella. È questo lo spirito della manifestazione delle “donne contro Trump” che s’è svolta sabato 21 gennaio a Washington. Che volete farci, i “liberal” sono fatti così: pretendono di essere l’incarnazione del bene e, quando le urne danno loro torto, vanno su tutte le furie cominciando a denunciare nuovi “pericoli” contro la civiltà. Proprio mentre Trump giurava, gruppi di contestatori sfasciavano le vetrine delle strade di Washington. Il giorno dopo sono appunto comparse le donne anti-Trump, ma in realtà, tra la folla che ha invaso il National Mall, c’erano anche tanti uomini, segno che il genere non era che un pretesto e che si trattava di un moto di piazza volto soltanto a delegittimare e a rovesciare il nuovo governo. In Italia ne sappiamo qualcosa…
Questa manipolazione propagandistica è peraltro ammessa dalle stesse organizzatrici della manifestazione. «Sarà anche cominciata come la “Marcia delle donne”ma questa è la marcia di tutti. La marcia dell’America che unita è determinata a far sentire la propria voce». Così ha detto l’attrice America Ferrera aprendo la manifestazione. «Siamo tutti sotto attacco e solo noi possiamo proteggerci a vicenda. Restiamo uniti, marciamo insieme, per i prossimi quattro anni». Parole che vanno bene al di là della battaglia contro il “sessismo”. Tant’è che, nel programma erano anche previsti gli interventi di: lyasah Shabazz, figlia di Malcom X, Maryum Ali, la figlia di Muhammad Ali, Rgea Suh, presidente del Natural Resources Defence Council, Sophie Cruz, una attivista per i diritti dei migranti, la storica attivista e ora professore emerita all’Università della California a Santa Cruz , Angela Davis, la scrittrice femminista Gloria Steinem, l’attore Ashley Judd e l’attrice Scarlett Johansson, la direttrice di Elle Melissa Harris-Perry, il regista e attivista Michael Moore. Insomma, tutta la vecchia e nuova sinistra americana, la sinistra dell’establishment obamiano e di Beverly Hills.
È l’America liberal che pretende di imporre il suo stile di vita al mondo. Ma non è l’America degli operai, dei lavoratori e del ceto medio impoveriti dalla globalizzazione e dalla politica economica di Barack Obama.