La Crusca boccia la parola “home restaurant” e bacchetta i parlamentari
“Home restaurant”? Meglio “ristorante domestico”. Insomma è un anglismo che l’Italia potrebbe evitare. La cucina italiana a corto di ingredienti linguistici? L’Accademia della Crusca non lo crede e boccia l’inserimento del termine inglese in una legge italiana, invitando il Senato a rimediare alla “sorprendente” scelta linguistica fatta dalla Camera dei deputati. La Crusca interviene tramite il gruppo Incipit che si batte contro le parole straniere giudicat “inutili”, costituito da Michele Cortelazzo, Paolo D’Achille, Valeria Della Valle, Jean-Luc Egger, Claudio Giovanardi, Claudio Marazzini, Alessio Petralli, Luca Serianni, Annamaria Testa.
In un comunicato, i linguisti ricordano che il 17 gennaio scorso la Camera ha approvato «la proposta di legge che disciplina l’attività di ristorazione in abitazione privata». Per l’Accademia della Crusca è «tuttavia sorprendente che per definire tale attività il legislatore italiano debba ricorrere all’anglismo home restaurant (art. 2), quasi che l’arte culinaria casalinga del nostro Paese abbia origini oltre Manica e la lingua italiana non disponga di un termine per designare ciò che si potrebbe senz’altro denominare ristorante domestico». Peraltro, il termine ristorante domestico, spiegano i
linguisti della Crusca, «risulta non solo immediatamente comprensibile per tutti, ma riunisce semanticamente tutti gli elementi della definizione che il testo di legge fornisce dell’attività in questione». Il gruppo Incipit invita pertanto i membri del Senato, ora investito dell’esame del testo di legge, «a valutare criticamente l’opportunità di introdurre nella legislazione un termine straniero che, oltre a non apportare alcuna chiarezza supplementare, pare in netto contrasto con gli obiettivi della normativa».